venerdì 15 marzo 2013

E se gli italiani avessero ragione?

Et si les italiens avaient raison?


di Guy Sorman
Pubblicato in Svizzera l'8 marzo
Traduzione di Claudia Marruccelli per il Fatto Quotidiano

Di norma comune fuori dell’Italia e specialmente nell’ambito economico e mediatico europeo schernire quei poveri italiani che hanno avuto l’audacia di sbarazzarsi del loro Primo ministro, Mario Monti, economista esperto, e di acclamare due clown (così li ha definiti il londinese The Economist, di solito più cauto), Beppe Grillo e Silvio Berlusconi. La democrazia in Italia non sarebbe forse più apprezzabile se i risultati coincidessero con ciò che auspicano i non italiani, gli eurocrati, il Banco di Francoforte e, soprattutto, il governo tedesco?
Piuttosto cerchiamo di interrogarci sull’adeguatezza della scelta degli italiani: dopo tutto, l’elettore italiano non è né più sciocco né meno qualificato di un elettore spagnolo o francese. Iniziamo dalla disfatta di Mario Monti, economista indiscutibilmente qualificato. Ricordiamo che non era stato eletto, ma è solo stato un tecnocrate chiamato in soccorso da una classe politica disorientata dal proprio debito. Non dovremmo incolpare gli italiani di non aver concesso né consenso popolare né legittimità democratica a Monti, che nessuno immaginava si sarebbe candidato.

Il messaggio dell’Italia vale per tutta l’Europa in crisi: il dispotismo, seppur illuminato, non è, in tempi di crisi, una soluzione tollerata dai popoli. Aggiungiamo che un tecnocrate capace può affascinare gli esperti e allo stesso tempo non essere in grado di spiegare la fondatezza della politica che lui stesso ha imposto alle masse. Ecco la seconda ragione per il rifiuto di Monti: la cosiddetta politica definita di austerità era incomprensibile per i comuni mortali e i suoi risultati visibili solo agli esperti.
Ora chiediamoci come gli italiani hanno avuto il coraggio di rieleggere Silvio Berlusconi, mentre la politica istituzionale europea non voleva più saperne. È che Silvio Berlusconi è perfettamente in sintonia con gran parte della società italiana, soprattutto con il mondo dei piccoli imprenditori che si riconoscono in lui. E questi piccoli imprenditori, che odiano la burocrazia, le leggi e le tasse, rappresentano ancora la spina dorsale dell’economia italiana. Senza queste migliaia di imprenditori disseminati per tutto il paese, l’Italia sarebbe rimasta il povero paese di cinquant’anni fa. L’innegabile successo dell’economia italiana deve tutto a questa classe sociale e quasi nulla allo stato.
Quanto a Beppe Grillo, l’altro clown, quello vero, non occorre dilungarsi: va solo ricordato che il voto di protesta raggiunge facilmente il 20% in tutte le democrazie europee, un fronte del rifiuto che ovunque mette assieme sia l’estrema sinistra che l’estrema destra.
Al di là delle circostanze molto locali che occorre tener presente per capire queste elezioni, il messaggio italiano ha un significato per tutta l’Europa. Gli europei vogliono ora una politica economica che sia comprensibile ed efficace. Una politica siffatta pretenderebbe (lo abbiamo più volte affermato sul nostro settimanale) non l’equilibrio dei bilanci pubblici in sé, ma un tetto di spese massimo, o anche una riduzione della spesa pubblica.
All’estremo, una percentuale d’imposta del 100% che pareggi tutti i bilanci: la Francia non è molto lontana con il 44% del prelievo pubblico e un progetto fiscale del 75%. Aumentare le tasse per pareggiare il bilancio dello Stato non può far altro che distruggere le imprese e i posti di lavoro: le politiche cosiddette del rigore non porteranno quindi ad una ripresa economica, a meno che il rigore non si applichi agli interventi pubblici e non agli investimenti e ai consumi privati.

Ma siccome è più facile aumentare le tasse che ridurre la spesa pubblica, la pressione fiscale aumenta dappertutto: i risultati non sono convincenti. Che cosa accadrebbe, mi si potrebbe obiettare, ai servizi pubblici e alla solidarietà collettiva se la spesa pubblica diminuisse ulteriormente? Beh, sarebbe possibile, o anche necessario – finalmente – privatizzare, snellire e anche incoraggiare la filantropia, questo terzo settore né capitalista né socialista, ma utile e spesso efficace (soprattutto negli Stati Uniti, dove dare è un obbligo morale e sociale per i super ricchi).
Gli italiani avranno quindi fatto una buona azione per se stessi e per tutti gli europei, se sarà compreso il loro messaggio e se da ciò scaturirà un pensiero economico per l’Europa, che sarebbe innovativo, legittimo ed efficace. E’ possibile.

giovedì 7 marzo 2013

ECCO COME HOLLANDE STA PER SPRECARE 11 MIL

Lyon-Turin : comment Hollande s’apprête à gaspiller 11 milliards d’euros

di Sophie Chapelle
Pibblicato in Francia il 21 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli e Chiara Cavedoni

Collegare Lione a Torino in due ore, una bella idea... al costo faraonico di 26 miliardi di euro! Eppure, è questa la cifra che i governi francese e italiano hanno in mente di spendere per realizzare una linea ad alta velocità scavata sotto le Alpi. Previsioni di traffico in ribasso, conflitti di interesse, perdita di terreni agricoli, mancanza di dibattiti pubblici, inquinamento della Val d’Isère e della Maurienne... Gli oppositori denunciano un "grande progetto di pubblica inutilita'". Inchiesta.




Si tratta di un gigantesco progetto, già vecchio di vent'anni. La realizzazione della linea ferrovia ad alta velocità Torino-Lione prevede la realizzazione sotto le Alpi della galleria più lunga d'Europa (57 km). Iniziato negli anni novanta da François Mitterrand, il progetto è stato riproposto all’ordine del giorno in questi ultimi mesi da François Holland. Il 3 dicembre, a fianco del Presidente del Consiglio italiano Mario Monti, ha ribadito l'interesse del progetto transalpino firmando una “dichiarazione congiunta sul tunnel Lione-Torino”. In questo modo François Hollande ha impegnato lo stato francese a finanziare il 42% del progetto. Vale a dire 11 miliardi di euro! Obiettivo di questa spesa: collegare Lione e Torino in due ore e Parigi e Milano in quattro e mezzo.
Sul lato italiano il progetto suscita una vasta opposizione da parte dei "No Tav". Tra occupazioni del cantiere, scontri contro le forze dell'ordine, e proteste di migliaia di persone, i No Tav sono riusciti a ritardare per diversi anni l’inizio dei lavori. “Notre-Dame-des-Landes [paese della Loira dove è in progetto la costruzione di un grande aeroporto, con una forte opposizione da parte della popolazione residente, N.d.T.] e No Tav sono due compagne di lotta. In entrambi i casi ritroviamo l’intervento attivo del governo per impedire ogni forma di espressione attraverso la forza militare" sostiene Paolo Prieri, uno dei coordinatori italiani degli oppositori. In Francia la contestazione si fa più forte. Ma la repressione da parte dell’esercito procede di pari passo.

Milizie private per proteggere il cantiere?Il governo italiano, ansioso di iniziare rapidamente il cantiere - a causa di un possibile ritiro dei fondi europei - ha mobilitato 2 000 carabinieri nel giugno scorso per proteggere l’avvio dei lavori: la costruzione della galleria della Maddalena, vicino a Susa. Secondo il sito La Voix des Allobroges, il costo delle forze di polizia sarebbe di quasi 868 milioni di euro, per 56 mesi di cantiere. Quello dei lavori per questa galleria è stimato a 143 milioni di euro...
Il cantiere della linea Lione-Torino potrebbe trasformarsi in una “zona militare di interesse strategico” su entrambi i lati del confine? La società LTF (Lyon Turin Ferroviaire), partecipata di Réseau Ferré de France - che gestisce la rete ferroviaria nazionale - e della sua omologa italiana, Rete Ferroviaria Italiana, sta "svolgendo degli studi e dei sopralluoghi” per la sezione transfrontaliera della linea. I suoi poteri sembrano andare oltre [le sue prerogative]. Nel settembre 2012 la società ha pubblicato una gara d’appalto per un valore di 1,8 milioni di euro per il "supporto logistico alle forze dell’ordine presenti nell’area del cantiere”.
Attraverso questo sistema, RFF contribuirà quindi al pagamento di milizie private per garantire la sicurezza del cantiere sul lato italiano. “Questo è molto grave” sottolinea Paolo Prieri “soprattutto perchè avviene nella più totale assenza di trasparenza. Ma le pressioni non avranno effetto su di noi, siamo intenzionati a non mollare."

Un costo equiparabile al deficit della Previdenza socialeIl costo per la sicurezza del cantiere aggrava un conto già salato. [Il costo del] tunnel tra l'Italia e la Francia era stato inizialmente stimato a 8,5 miliardi di euro. Ma "i costi preventivati stanno aumentando" ha fatto notare la Corte dei Conti, che ha inviato un rapporto al Primo Ministro Jean-Marc Ayrault lo scorso agosto. La stima del costo complessivo è passata da 12 miliardi di euro, compresi l'accesso al tunnel sul versante francese e il rafforzamento delle misure di sicurezza nelle gallerie, a 26 miliardi!
Il costo della sola parte francese sarebbe superiore agli 11 miliardi euro, l'equivalente della previsione del deficit della previdenza sociale nel 2013. La Corte dei Conti ne prevede la revisione, poichè questo preventivo non tiene conto delle difficoltà geologiche rivelate dai primi scavi. “I dati disponibili sul progetto ferroviario Lione-Torino rendono difficoltosa una valutazione dei costi” cosa più grave che osserva la Corte dei Conti. Il settimanale Politis dichiara che sarebbero stati pagati più di 10 milioni di euro per lo scavo della galleria di Venaus [sul lato italiano, N.d.T.], che non ha mai visto la luce. Uno specchio della dubbia gestione del progetto da parte della direzione dei lavori, affidata alla società Lyon Turin Ferroviarie.
Nonostante queste riserve, Jean-Marc Ayrault va avanti e firma. Nella sua risposta alla Corte dei Conti, datata 8 ottobre, ha ribadito l'impegno del governo nel voler realizzare il tratto ad alta velocità. Ha riconosciuto tuttavia che “il bilancio per la realizzazione di questo importante progetto è impegnativo, soprattutto in un momento in cui deve essere controllato il livello di spesa pubblica. Pertanto, il coinvolgimento dell'Unione europea nel finanziamento è indispensabile". La partecipazione finanziaria europea dipende dal futuro bilancio europeo 2014-2020. Oltre a questo apporto, l’Eliseo prenderebbe in considerazione il ricorso ai finanziamenti della Banca europea per gli investimenti, e a prestiti obbligazionari. In breve: indebitarsi prima dell’inizio dei lavori con il solo scopo di collegare Lione e Torino in due ore...

Un progetto ecologico?Il governo Ayrault giustifica questo faraonico investimento con l’obiettivo di ridurre il traffico su gomma - e le emissioni di CO2 - trasferendolo su rotaia . "Tutti gli studi hanno puntato su un unineluttabile aumento del traffico stradale. Ma di fatto il traffico merci sull'asse Lione-Torino è in calo” sostiene Daniel Ibanez, membro del comitato contrario ai lavori. Nel 2011, il [volume del] trasporto merci è stato effettivamente equivalente a quello del 1988 [1]...
"Il rischio di saturazione delle infrastrutture esistenti, ad oggi non è previsto prima del 2035" conferma la Corte dei Conti. Dato, questo, che rimette seriamente in discussione la rilevanza del progetto. Chi è contrario ai lavori aggiunge che la linea esistente è utilizzata soltanto per il 20% della sua capacità. E suggerisce di costruire piattaforme di carico, promuovere il trasporto combinato, o imporre un più efficente carico dei camion... La Corte dei Conti sta andando nella stessa direzione, proponendo "di non archiviare troppo in fretta l'alternativa di migliorare la linea esistente. Gli oppositori alla TAV Torino-Lione sottolineano che il 90% delle emissioni di CO2 in Savoia e Alta Savoia proviene da automobili e mezzi pesanti in transito nell’area regionale, contro il 10% prodotto dai mezzi pesanti sull’asse franco-italiano. "Non si tratta di non fare nulla, ma di fare qualcosa nell’immediato, a partire dagli investimenti nel trasporto pubblico locale” spiegano i No Tav.
Non sarebbe un investimento migliore per 11 miliardi di euro?

Interesse privato in atto pubblicoLo stesso giorno in cui la Corte dei Conti confermava una spesa superiore agli 11 miliardi di euro per la Francia, la commissione d'inchiesta dava il suo parere favorevole. Perché non ha rilevato alcuna riserva, quando l’aspetto finanziario è essenziale per il riconoscimento della pubblica utilità? Diversi conflitti di interesse macchiano il dossier. Nella sua relazione, la commissione d'inchiesta incoraggia fortemente RFF, la direzione lavori, a stipulare un contratto con una società che opera nell’ambito dei lavori pubblici diretta... dal fratello di uno dei membri della stessa commissione! Le Canard enchaîné, che ha rivelato la faccenda il 3 ottobre, indica che il costo di questa operazione potrebbe generare "un volume d’affari da 20 a 50 milioni di euro".
Gli avversari denunciano altri conflitti di interesse per i membri della commissione[2]. Anche il Presidente, Pierre - Yves Fafournoux, ha partecipato ai lavori della cintura ferroviaria di Lione (CFAL), la cui redditività dipende dalla realizzazione della TAV Torino-Lione [3]. “Come avere una valutazione imparziale dei progetti CFAL e Lione-Torino, avendo riscontrato in una recente disposizione un forte legame economico fra i due progetti di investimento, affidati alla stessa direzione lavori?” chiedono gli oppositori al progetto. Nella sua relazione del 5 novembre, infatti, la Corte dei Conti ricorda che i componenti della commissione non avrebbero dovuto “lavorare sul caso avendo conflitti d’interesse riguardo gli sviluppi del progetto stesso”. I No Tav chiedono l’annullamento del pronunciamento della commissione d’inchiesta.

Tre milioni di metri cubi di macerie ammucchiati nei paesiNel territorio francese sono già stati scavati tre tunnel di accesso e corridoi di perforazione, di cui uno a Villarodin-Bourget (Savoia). “400 mila metri cubi di materiale vengono stoccati nel territorio del nostro comune, dove non dovrebbe rimanere nessun tipo di scarto” si preoccupa il sindaco Gilles Margueron. “Con la costruzione della linea ferroviaria ci ritroveremo con tre milioni di metri cubi di materiale sul groppone”. Risultato: un paesaggio sfigurato, con conseguenze sull'attività economica e il turismo in paese. "Quando abbiamo chiesto che questo materiale di risulta fosse depositato più lontano, ci è stato detto che questo avrebbe aumentato le emissioni inquinanti del cantiere" ironizza il sindaco, disilluso.
Anche nel comune di Avressieux (Savoia) si chiedono dove saranno ammassati milioni di metri cubi di terreno. Alcune case del paese sono state distrutte, altre diventeranno invivibili. “I binari saranno costruiti a 100 metri dalla zona lacustre, per proteggere le rane” nota Richard Mangeolle, impegnato nel comitato locale di opposizione. "Francamente è meglio essere una specie protetta che un essere umano, per questo progetto! Frammentando i finanziamenti in tronchi,frammentano anche la lotta."

11 miliardi di euro per 3 000 precari I sostenitori della TAV annunciano fino a 30 000 posti di lavoro generati direttamente dal cantiere tra il 2014 e il 2021 [4]. Numeri rivisti al ribasso da Louis Besson, Presidente della Commissione Intergovernativa Lione-Torino: dopo aver promesso 10 000 posti di lavoro, ha ammesso che ne sarebbero stati creati soltanto 3 000. Vale a dire, in rapporto al costo del progetto, 3,7 milioni di euro per ogni posto di lavoro... Impieghi che dureranno solo il tempo del cantiere, mentre i posti di lavoro nel turismo e nell'agricoltura andranno persi. "La terra è lo strumento di lavoro dei contadini” ha dichiarato la Confederation Paysanne de Savoie e Haute-Savoie [Confederazione Agricoltori di Savoia e Alta Savoia], fermamente contraria al progetto. "Nel progetto Lione-Torino è in ballo la distruzione di complessivi 1 500 ettari di terreno, che eliminerà lungo il tracciato gli agricoltori e distruggerà le attività economiche e la vitalità del territorio”.
Questo fronte agricolo si è imposto alla fine di novembre con l’arrivo dei Giovani agricoltori e alla FDSEA [Federazione dipartimentale dei sindacati dei coltivatori diretti] che "confermano la loro posizione di rifiuto del progetto Lione-Torino e mettono in discussione le basi di questo progetto inutile.” Diverse organizzazioni ambientali si uniscono agli oppositori, come France Nature Environnement, che pure difende strenuamente il trasporto merci su rotaia. In una lettera chiedono al Ministero dell'Ecologia l’apertura di un dibattito pubblico sul trasporto alpino.
Europe Écologie Les Verts, il Parti de Gauche e gli eletti dell’Union Mouvement Populaire si preoccupano
Fra le fila del Partito Socialista restano irremovibili. “Sarebbe incomprensibile per la Francia rinunciare alla Lione-Torino, per la quale sono già stati stanziati 800 milioni di euro” protesta Jean-Jacques Queyranne, Presidente (PS) della regione Rhône-Alpes. Tanto vale spendere anche i 10,2 miliardi di euro che rimangono. Ciononostante, diversi eletti e partiti politici iniziano a preoccuparsi seriamente. Gli ecologisti della regione Rhône-Alpes, inizialmente favorevoli al progetto, hanno fatto inversione di marcia. “Le nuove infrastrutture fanno incetta di spazio, energia e fondi pubblici” dichiara Europe Écologie in un comunicato. “Devono essere in linea con i bisogni del presente e con quelli ragionevolmente stimabili per il futuro”. Il Parti de Gauche chiede una moratoria sul progetto. Dominique Dord, sindaco di Aix-les-Bains, deputato dell’UMP [partito di destra di Sarkozy, N.d.T.] eletto in Savoia, si domanda oggi se non ci siano stati "abusi di coscienza”. Ha chiesto a RFF un approfondimento riguardo l’ipotesi dell’aumento del traffico merci. “Se non è previsto nessun aumento, ma al contrario un leggero calo, considererei l’ipotesi di un abuso d’ufficio nei miei confronti da parte degli esperti.”

Un progetto “molto ambizioso”, “controlli inadeguati”, costi “in forte aumento” rispetto i preventivi, previsioni di traffico “riviste al ribasso”, una “bassa redditività socio-economica”, finanziamenti “non definiti”: queste le riserve della Corte dei Conti, rafforzate dal lavoro portato avanti dai componenti di No Tav. Se il progetto finora non è stato oggetto di nessun dibattito pubblico, François Holland dovrà comunque passare attraverso l’approvazione del Parlamento per ratificare l’accordo firmato fra Mario Monti e Nicolas Sarkozy nel gennaio 2012. Secondo l’italiano Paolo Prieri, “il problema che si pone non è soltanto quello di una linea ad alta velocità, ma anche quello di un grande progetto di pubblica inutilità”.

5 lezioni per l’Europa

Elections en Italie: 5 leçons pour l'Europe

di Fabien Cazenave
Pubblicato in Francia il 27 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli e per Il Fatto



Lo stallo dell’Italia riflette un rifiuto dell'Europa? Analisi del nostro collaboratore Fabien Cazenave, autore del sito europeo Le Taurillon

 I risultati delle recenti elezioni politiche in Italia sono stati una vera sorpresa. Nessuna maggioranza reale ed effettiva si è concretizzata e i due candidati più populisti sono arrivati secondo e terzo. Beppe Grillo e Silvio Berlusconi non solo hanno fatto discorsi irrazionali pieni di promesse populiste, ma hanno fatto dell’Europa l'obiettivo prioritario delle loro accuse. Gli elettori italiani li hanno ascoltati e hanno ignorato il super esperto europeo Mario Monti. La conclusione quindi è che era l'Europa il motivo principale del risultato elettorale italiano?

1 / Il rifiuto di un'Europa troppo complicataCome nel 2005 in Francia, gli elettori hanno voluto dire un grande “basta” [in italiano nel testo, N.d.T.] a un'Europa che non riescono più a capire. Come in Francia, l'Europa è stata il fulcro delle discussioni elettorali e i discorsi degli euroscettici sono stati molto più efficaci di quelli dei filoeuropei. Questa volta, l'Europa paga un discorso considerato come troppo favorevole all'austerità a discapito dei cittadini. Naturalmente, c'è una parte populista che parla dell’Europa come di colei che tutela i banchieri, le classi privilegiate, i mercati e gli interessi politici. Tuttavia, i risultati delle elezioni italiane dimostrano che il messaggio trasmesso dal referendum del 2005 non è stato recepito dalla classe politica europea.
Il fatto che i nostri capi di stato e di governo cooperino a livello europeo per combattere il deficit è cosa buona. Ma la mancanza di prospettive politiche forti e ambiziose, oggi diventa la vera debolezza del discorso europeo. Il bilancio europeo chiuso a tarda notte in occasione dell'ultimo Consiglio europeo di Bruxelles ne è un esempio eclatante. Gli investimenti in Europa sono stati ridotti per l'assenza di idee a livello europeo per rilanciare l'economia.
Se il messaggio inviato ai cittadini è quello di spiegare che non si può fare molto a livello europeo perché "è complicato", è logico che gli elettori daranno ascolto a coloro che parlano in maniera più comprensibile e coinvolgente, anche se poi questo va a scapito dell'idea europea.

2 / Mario Monti: la competenza non è più sufficienteIl risultato di Mario Monti in queste elezioni è stato estremamente deludente. Essere il Presidente del Consiglio italiano in carica e non riuscire a valicare la soglia del 10% è il segnale di un grande fallimento. Eppure l'Italia ha avuto in lui una guida seria, intelligente, che godeva della fiducia dei suoi omologhi a livello internazionale. Molti sono coloro che lo parleranno di lui come di un tecnocrate. Coloro che hanno letto il suo libro scritto in collaborazione con Sylvie Goulard dal titolo “Dalla democrazia in Europa” sapranno però che rappresenta molto di più. In questo libro, Mario Monti spiega molto chiaramente che qualsiasi decisione politica si deve assumere solo basandosi sul beneficio che ne trarrà la popolazione. Una posizione ben distante da quella che viene attribuita alla maggior parte dei tecnocrati. Del resto, il suo bilancio alla guida dell'Italia dopo la devastazione dei conti pubblici causata del precedente governo Berlusconi è stato notevole, ma non abbastanza per gli elettori.
Di fronte ai discorsi populisti degli estremisti, la prima risposta deve essere un'ambizione per l'Europa

3 / I veri europeisti devono coinvolgere i capi dei partiti politiciTutti i nostri leader politici oggi sono degli europeisti poco convinti . Fanno l'Europa perchè costretti, la considerano come un obbligo, piuttosto che uno strumento. La competenza non basta più. Pertanto per le prossime elezioni europee del 2014 occorre che i partiti politici tra le loro fila, candidino non gli esperti europeisti, non chi ha bisogno di essere ricollocato, ma i tedofori della fiaccola europea. Perché la prima risposta da contrapporre ai discorsi dell’estrema sinistra o dell’estrema destra, dovrebbe essere un'ambizione per l'Europa. I discorsi logici, a metà strada tra la salvaguardia degli interessi nazionali e il desiderio di fare piccoli passi avanti nella costruzione europea non soddisfano più gli elettori.

4 / Bisogna politicizzare l'EuropaConsiderare l'UE come un luogo neutrale dove esiste solo l'interesse generale europeo, è una finzione che gli elettori non desiderano più. Nel 2005 in Francia, gli europeisti di sinistra non hanno mai saputo trovare argomenti contro la campagna per il "no" [al referendum per la ratifica della Costituzione europea, bocciata dal voto contrario dei lavoratori, N.d.T.] della sinistra antieuropeista, secondo cui la Costituzione era di destra o neoliberale.
In Italia nel 2013, l'Europa di Bruxelles esiste solo per difendere gli interessi dell’austerità. Ma l’austerità non è un obbligo economico, è una scelta politica. Pertanto, è giunto il momento di interrompere il discorso di un José Manuel Barroso che ci spiega che rifiuta la politicizzazione fra destra, sinistra, centro ed ecologisti del Parlamento europeo, con il pretesto che bisogna far fronte comune contro gli euroscettici. Sono anni che si fannno questi discorsi, i sostenitori di questa visione dell’Europa devono ammettere di aver fallito.

5 / Stabilire maggioranze politiche chiareIn Italia, non era chiaro con chi Mario Monti avebbe governato. Questa mancanza di chiarezza ha dato maggior forza ai discorsi più coinvolgenti di Berlusconi e Grillo. Nel Parlamento europeo, ci ritroviamo nella stessa situazione, ossia quella in cui l'elettore non è a conoscenza in anticipo della maggioranza che va a votare. Infatti, a causa della rappresentanza proporzionale e il rifiuto dei maggiori partiti di allearsi sulla base di un programma comune, i partiti si sono frammentati e è venuta a mancare una maggioranza chiara. La Commissione europea ha avuto l'opportunità per darsi da fare nel suo ambito. Speriamo che i partiti politici europei nel 2014 sappiano delineare i contorni di maggioranze politiche chiare per gli elettori, in mancanza di una riforma elettorale (complicata da mettere in piedi) che permetterebbe di fare emergere naturalmente una maggioranza reale. Il fatto che i partiti politici europei saranno in grado di imporre il colore politico del futuro Presidente della Commissione dovrebbe semplificare l'Europa per i cittadini. In Francia si sa già che i socialisti e i verdi che arrivano primi, formeranno una coalizione in parlamento. Perchè non tentare questo schema a livello europeo, per esempio?

Queste elezioni italiane devono farci rendere conto che è giunto il momento di politicizzare l'Europa per renderla più leggibile agli elettori. Altrimenti avremo sempre persone scontente a forza di scendere a compromessi per tutelare i minimi interessi comuni. L'Europa nella sua globalità sarà giudicata dai lettori come responsabile dei loro malesseri, mentre si tratta soprattutto di mancanza di ambizione dei nostri governanti che si rifiutano di agire da leader europei. Politicizziamo l’Europa, i suoi avversari lo stanno già facendo e avanzano in ogni elezione proprio grazie a questo.