lunedì 30 aprile 2012

Italia, il rovescio della medaglia Monti

Italie, le revers de la médaille Monti


di Sandra Moro
Pubblicato in Svizzera il 11 aprile 2012
Traduzione di Claudia Marruccelliù

La potente medicina somministrata da Mario Monti alla penisola, per tirarla fuori dal marasma, provoca il malcontento di alcune categorie di cittadini. A guidare la protesta, i piccoli imprenditori che lamentano una pressione fiscale insopportabile e riforme che non favoriscono la produttività.

"Mario Monti è la persona giusta al momento giusto, al posto giusto. Noi approviamo tutte le misure adottate" dichiarava con entusiasmo due settimane fa Angel Gurria, segretario generale dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), circa l'azione del successore di Berlusconi in carica dal novembre 2011. Lodate dai suoi omologhi europei e dalla comunità internazionale in generale, le riforme intraprese da Mario Monti per risollevare  le sinistrate finanze italiane, non gli riservano però gli stessi elogi unanimi da parte dei suoi concittadini. Anche se i sondaggi attestano ancora una certa popolarità del presidente del Consiglio, che era del 55% a fine marzo, i suoi metodi e i suoi piani di rigore sono all'origine di aspre critiche in alcuni settori della popolazione. In prima fila i piccoli imprenditori, numerosi nell’esprimere la loro rabbia sentendosi poco rappresentati dalle associazioni professionali troppo passive per il loro gusto.


Penalizzati per anni in un paese che fa fatica a crescere, i piccoli imprenditori dicono di sentirsi presi per la gola, da quando l'Italia, sottoposta ad una cura di austerità, è entrata in recessione alla fine dello scorso anno. Essi denunciano in particolare l’aumento della pressione fiscale deciso dal governo e si lamentano dei crescenti controlli  che peggiorano solo la situazione. "Mario Monti  ci fa fare solo bella figura agli occhi del mondo, non risolve i problemi del Paese", dice Luca Peotta. Questo proprietario di una piccola azienda che produce forni industriali e dà lavoro a otto persone nella città di Cuneo, ha fondato nel 2009 "Imprese Che Resistono ", un movimento che rivendica una riduzione dei carichi fiscali che pesano sulle forze produttive del paese. Apolitico e forte della presenza di circa 3.500 aziende associate, questo movimento è ora più attivo che mai. Perché la situazione è gravissima, insistono i suoi membri. Nel 2011, sono fallite più di 11.600 imprese in Italia, un record negli ultimi quattro anni, che ha comportato la perdita di 50.000 posti di lavoro secondo l'Associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre (CGIA) nel Veneto.

In Italia, "l'onere fiscale che grava sul lavoro e sulle imprese supera di 50 miliardi la media europea", ha dichiarato il mese scorso Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei Conti. E nonostante il governo prometta di spostare l'onere fiscale dalle imprese al patrimonio e al consumo, i piccoli datori di lavoro sono preoccupati. "La situazione delle PMI non migliorerà molto", ha detto Massimo Mazzucchelli, capo di una azienda a carattere familiare che dà lavoro a 16 persone nella provincia di Varese, e membro di ICR. L’imprenditore è meravigliato dalle misure decise nel quadro della riforma del mercato del lavoro. Questa prevede un nuovo sistema di indennità di disoccupazione, che richiede maggiori contributi agli artigiani e piccole imprese, oltre a tassare ulteriormente le diverse forme di lavoro a tempo determinato: "Questo è precisamente ciò che ha permesso alle piccole imprese di assumere dipendenti soltanto durante i periodi di forte produttività. La domanda è drasticamente calata, non c'è abbastanza lavoro per assumere personale sulla base di contratti a tempo indeterminato ".


I piccoli imprenditori non sono però i soli a subire gli effetti delle riforme del governo: la riforma delle pensioni, il ritorno della tassa di proprietà sulla prima casa, l'ulteriore aumento di due punti dell'IVA previsto per il prossimo autunno (per raggiungere un tasso del 23%), o l'introduzione di imposte ambientali previste nel quadro della riforma fiscale preparato dall’esecutivo, rientrano nell’elenco dei pesanti sacrifici annunciati da Mario Monti a tutti i cittadini quando ha assunto l’incarico di governo. Risultato, la pressione fiscale in Italia "è in procinto di superare il 45% del PIL, un livello che ha pochi uguali al mondo", ha dichiarato preoccupato Luigi Giampaolino durante un colloquio con la commissione della Camera dei Deputati nel mese di marzo. La media europea si colloca a circa il 40%.

Per risanare le finanze della nazione - che vanta un debito di oltre 1,9 miliardi di euro, ossia il 120% del PIL - il governo ha intensificato i controlli fiscali. Ancora una volta, i piccoli datori di lavoro alzano la voce e denunciano una caccia alle streghe mirata soprattutto verso i piccoli contribuenti. "Non è per difendere l'evasione fiscale, assicura Luca Peotta, ma notiamo che non sono i grandi evasori che sono preoccupati al momento. Loro continuano come prima a esportare i propri capitali verso i paradisi fiscali ".

Le lamentele dei piccoli imprenditori circa l'inasprimento del controllo fiscale non ha nulla di sorprendente. Essi sono stati finora assoggettati ad un sistema, spietato nei confronti dei dipendenti tassati alla fonte, ma ha colpito davvero poco gli autonomi, i liberi professionisti e le aziende, all’origine delle massicce sparizioni di capitali. Secondo il Ministero del Tesoro italiano, gli importi evasi potrebbe ammontare più di 160 miliardi di euro all'anno. Secondo i dati fiscali nel 2011 (per l'anno 2010) raccolti dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia, il 49% dei contribuenti italiani dichiara un reddito annuo inferiore a 15.000 euro. E mentre il reddito medio dei dipendenti è di 19,810 euro e quello degli imprenditori arriva solo a 18,170 euro.


Francesco, che gestisce una piccola azienda edile in Liguria, non nasconde che si prende qualche libertà con i pagamenti fiscali che dovrebbe versare. Dice che questo è il prezzo da pagare affinché la sua azienda possa sopravvivere: "Il lavoro manca, se voglio portare a casa qualcosa per vivere, devo risparmiare sia nelle misure di sicurezza nei cantieri, sia evitare di dichiarare una parte del reddito. "Ma non è sempre stato così, dice. Nel 2005, dichiarava ancora un reddito di oltre 40.000 euro. "Gli affari andavano meglio a quel tempo, ma da allora la situazione è peggiorata. Non baro per divertimento ", dice uno che è stato deluso dalla azione di governo. "Se Mario Monti salva l'Italia, quella non è la mia [Italia], quella  dei poveracci".

Al di là della tendenza problematica e diffusa  degli autonomi in Italia di frodare, il disagio espresso dagli artigiani e dai piccoli imprenditori non è finto. Dall'inizio dell'anno, una decina di imprenditori alle prese con difficoltà economiche si sono suicidati nella penisola. A Bologna, due settimane fa, un artigiano si è dato fuoco di fronte all’Agenzia delle Entrate, con cui aveva un contenzioso.

Tali gesti di disperazione, in aumento dalla crisi finanziaria del 2008, sono ulteriormente aumentati negli ultimi mesi. Esasperato dalla passività delle autorità nei confronti di questo fenomeno, Massimo Mazzucchelli ha creato una rete di psicoterapeuti chiamati "Terraferma" una specie di Telefono Azzurro per gli imprenditori. "Sono molto spesso completamente soli ad affrontare i problemi che si accumulano e non riescono ad accettare la prospettiva di licenziare i dipendenti che spesso sono amici o vicini di casa, né di chiudere un’azienda in cui si identificano completamente", fa notare.

Alberto Dalpiaz, non ha ne’ intenzione di suicidarsi, ne’ di mettere la chiave sotto la porta/rinunciare alla sua azienda. Proprietario di una azienda agricola biologica di 4 ettari nella regione di Imperia, come tutti gli agricoltori, gode di numerose esenzioni fiscali. "Non sono poi tanto sfortunato", si lamenta, tuttavia, come gli imprenditori di altri settori, della riluttanza delle banche a concedere prestiti. Una tendenza che si è ancora più accentuata dal secondo semestre del 2011, fa notare la CGIA di Mestre. "Questo è un grande disincentivo alle aziende individuali, e questo può causare molti problemi quando si devono garantire  determinati pagamenti mentre la maggior parte dei clienti sono lenti nel saldare le proprie fatture."

Primo fra i morosi, "lo Stato, che paga i propri conti con un enorme ritardo, accusa Alberto Dalpiaz. E’ il colmo, se si pensa che proprio lo stato non esita a colpire con forza e direttamente coloro che non pagano  i propri debiti in tempo", dice il contadino. Secondo uno studio dell'associazione di categoria Confartigianato, lo Stato evidenzia una media di 137 giorni di ritardo nel pagamento dei suoi fornitori.



Variazione di crescita del PIL dal 1999 al 2011

Oltre al sollievo del carico fiscale, l'obbligo di pagare entro 60 giorni fa parte delle riforme richieste da ICR per migliorare la situazione delle PMI, così come un cambiamento nel sistema di riscossione dell’IVA", che dovrebbe essere versata all’amministrazione quando le aziende incassano i propri profitti", sostiene Luca Peotta, piuttosto che mensilmente o trimestralmente come avviene oggi. "Grazie ad iniziative di questo tipo che l'Italia potrà tornare a crescere", .
ha detto

In attesa di vedere le autorità disposte ad ascoltarli con più attenzione, gli imprenditori delle medie industrie, così come gli altri autonomi, vedranno ridotto il loro margine di manovra contro il fisco, perché il governo insiste da mesi con controlli che si intensificheranno in futuro.
Per il sindacalista Domenico Proietti, specialista in materia fiscale della UIL (Unione Italiana del Lavoro), è il minimo che che si può fare. Poiché anche se la situazione dei piccoli datori di lavoro non è sempre rosea, non sono quelli più messi male, sostiene. "Cominciamo con l'abbassamento delle tasse per coloro che effettivamente pagano dal primo all'ultimo euro. In Italia, non sono difficili da identificare, sono i dipendenti e pensionati ".


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