mercoledì 19 settembre 2012

In Italia i politici scherzano sulla fuga dei cervelli

En Italie, les politiques s’amusent de la fuite des cerveaux
Di Flora Zanichelli

Pubblicato in Francia il 14 settembre 2012
Tradotto da Claudia Marruccelli


Com‘è difficile oggi essere un giovane italiano. Non solo per la situazione economica della penisola, dove la disoccupazione dei i giovani di età compresa tra 15-34 ha raggiunto il 35%, ma anche per la durezza delle osservazioni formulate nei loro confronti. Viene da chiedersi se il governo misuri l'entità del fenomeno, basandosi sulla disoccupazione e sulle fughe all'estero.In un post del suo blog sul Fatto Quotidiano il ricercatore accademico Alessandro Ferretti si dice indignato per una frase del Ministro per lo Sviluppo Economico e le Infrastrutture, Corrado Passera, in occasione di un incontro con i giovani dell’UDC: "La fuga dei cervelli è soprattutto una buona notizia: significa che abbiamo dei cervelli ... e se ce li portano via, vuol dire che abbiamo buone scuole". Mi sono ricordata di un paio di simpatici napoletani che avevo intervistato lo scorso aprile mentre stavano ultimando di preparare le proprie valigie prima di andare oltre oceano. Io non credo che sarebbero stati d'accordo nell'uso dell’espressione "buona notizia".


"Ossessionati dal posto fisso"Antonio e Sole ora sono in California. Ma è soprattutto perché Sole, ricercatrice di biologia molecolare, non avrebbe mai trovare lavoro in Italia. E perché Antonio, che ha lavorato a lungo nel settore dell’organizzazione di eventi a titolo gratuito. Quello che il ministro Passera ha dichiarato non è del tutto diverso da quanto affermato dal Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, nel mese di febbraio: "Noi italiani, siamo ossessionati dal concetto di posto fisso, possibilmente vicino a mamma e papà". Le fa eco il vice ministro del Lavoro, Michele Martone che, con una battuta aveva dichiarato nel mese di gennaio: "Dobbiamo iniziare a lanciare nuovi messaggi culturali. Dobbiamo dire ai giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni, sei uno sfigato [...] e che essere secchioni va bene, almeno significa che hai fatto qualcosa». La "battuta“ aveva causato una serie di contestazioni. Soprattutto, dal momento che era lungi dal riflettere il punto di vista di giovani italiani.


Precari a tempo indeterminatoIn sette anni, il numero di laureati (laurea triennale) che si sono trasferiti all'estero per lavoro è aumentato del 40%. Secondo Demos Coop (maggio 2011), il 30% dei giovani ambisce a un posto di lavoro fisso. Per il restante 70%, il posto fisso non è una priorità. Inoltre, il 65% dei giovani lavoratori considera il proprio lavoro come precario o temporaneo. Il 60% pensa di cambiare lavoro entro l’anno. E sei persone su dieci ritengono che per ottenere un lavoro adeguato alle proprie competenze o per fare carriera di essere disposti a lasciare l'Italia. In un articolo che propone queste cifre pubblicato su “La Repubblica”, il ricercatore Ilvo Diamantis ha scritto: "Non è ben chiaro cosa sia accaduto ai giovani. Sono diventati, inaspettatamente, impopolari”.

I giovani, un potenziale economicoNel suo post, Alessandro Ferretti ha citato i seguenti dati, evidenziando la "perdita" economica registrata dal governo italiano, anche se a corto di denaro: "La perdita di fatturato dei primi ricercatori emigrati è pari a un miliardo di euro l'anno, per non parlare di uno spreco di migliaia di euro pubblici, investiti nella crescita e nella formazione dei futuri "fuggitivi". "In un articolo pubblicato questa volta sull’Espresso, il giornalista Massimo Cacciari ha così riassunto: "Come lavorano il 60% dei giovani "fortunati" che hanno un posto di lavoro? Nella maggior parte dei casi inventandoselo. Piccoli imprenditori, lavoratori autonomi nel settore dei servizi, qualsiasi tipo di freelance. Ci dovrebbe essere una politica del lavoro capace di regolamentare queste nuove forme di imprese, e scommettere sulla loro crescita. "La legislazione in vigore per il momento è assente, la battaglia principale del Ministro del Lavoro si concentra sulla riforma dell'articolo 18, che facilita i licenziamenti.

Paese di migrantiDi storie di giovani precari l'Italia è piena. Un mio amico ha appena aperto un’agenzia pubblicitaria. Lavora da casa, o meglio dai suoi genitori perché non può permettersi un appartamento a Roma. Ogni contratto è una piccola vittoria da godersi. A 30 anni, fa parte di questa categoria soprannominata i "bamboccioni", che spesso in Francia si traduce in senso peggiorativo come "Tanguy all’italiana" [“Tanguy” è una commedia romantica francese del 2001, nel 2006 è stato realizzato il remake americano col titolo “A casa con i suoi” ndt]. Ha una fidanzata che presto terminerà i suoi studi in psicologia. Pensano entrambi di trasferirsi ad Amsterdam. Sua sorella, che vive a Maastricht, darà loro una mano. "Siamo sempre stati un paese d’immigrati" lo ripetono come una sorta di fatalità. Se riescono a trovare un lavoro all'estero, devono allora smettere di lamentarsi, di rimpiangere la famiglia e gli amici, o un paese che non ha fatto nulla per trattenerli. Dopotutto, trovare un lavoro, questa è la buona notizia, no?

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