mercoledì 12 settembre 2012

L’Italia di Mario Monti sfida i luoghi comuni

L'Italie de Mario Monti défie les stéréotypes
di Pierre de Gasquet
Pubblicato in Francia il 3 settembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero

All’inizio dell’estate, dopo Grecia e Spagna, anche l’Italia del “Professor” Monti sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Alla deriva nella recessione, invischiata nei propri problemi economici e di bilancio, con un debito pubblico che sfiora il 125% del PIL a fine 2012, l’Italia del dopo-Berlusconi ha rischiato a sua volta di arenarsi sulle rive devastate della zona euro. Colpita duramente dalla logica implacabile dello “spread”, il differenziale tra i tassi d’interesse tedeschi e italiani, che rincara il costo del credito. E tuttavia, anche se la fiducia degli investitori internazionali resta fragile, l’Italia di Mario Monti oggi lancia una sfida ai luoghi comuni.


“Abbiamo bisogno di una grande lezione di sincerità” ha dichiarato recentemente l’editorialista liberale Oscar Giannino. Nessuno lo mette in dubbio. Il guaio è che la sincerità non è mai stata il forte della classe politica italiana, almeno fino a poco tempo fa. La folle scommessa di Mario Monti consiste nel giocare questa carta in un periodo di profondo disordine. Come un Raymond Barre post-moderno, che non ha rivali nella sua politica di rigore, Monti è senza dubbio l’unico che può provarci. In quest’autunno ad alto rischio per la zona euro, egli è il simbolo di una forma di sobrietà riparatrice agli antipodi rispetto al populismo trionfante del suo predecessore.
Malgrado un tasso di disoccupazione tra i più alti dal 2004 (10,8%), un PIL in calo del 2,5% rispetto al secondo trimestre dello scorso anno e una sensibile riduzione dei consumi, l’ex Commissario europeo alla Concorrenza non ha esitato a imporre ai suoi concittadini una cura di austerità senza precedenti, basata su riforme strutturali e relativa solidità del sistema bancario italiano, al fine di rassicurare i mercati finanziari. Da tempo considerato un “tecnico puro”, Monti si è anche rivelato abile diplomatico mettendo in guardia la Germania contro la “disgregazione psicologica dell’Europa”, spingendo i suoi alleati della zona euro a superare le vecchie influenze dei parlamenti nazionali. La sua opportunità storica consiste nel creare un netto distacco da un decennio di deriva berlusconiana, che ha contribuito enormemente a danneggiare la credibilità di una classe politica italiana infognata nei suoi preziosismi e nelle sue dispute da parrocchia.


“Ci stiamo avvicinando alla fine della crisi, vediamo già la luce in fondo al tunnel” ha promesso Mario Monti al congresso annuale del movimento cattolico Comunione e Liberazione alla fine di agosto. A meno di un anno dalle elezioni legislative del 2013, alcuni lo considerano già un “novello De Gasperi”, uno dei padri fondatori dell’Europa e grande difensore dello spirito di riconciliazione. Il suo piano per rilanciare lo sviluppo e rimettere l’Italia in carreggiata dipende in gran parte dalla sua capacità di convincere i suoi alleati europei. Indubbiamente obiettivi ambiziosi, quelli del piano Monti, che però appare ancora vago sui mezzi che intende utilizzare per portarli a termine entro il 2013. Secondo il ministro dell’economia Vittorio Grilli, l’assoluta priorità rimane quella di ridurre in cinque anni il livello del debito pubblico italiano dal 123% al 100% del PIL, cioè una riduzione di 4 punti all’anno circa. Oltre alle misure strutturali, il piano Monti prevede l’attuazione, a partire dai prossimi mesi, di un programma di cessione di partecipazioni statali (su immobili e titoli di stato) con l’eccezione dei “pezzi grossi nazionali” ENI, Enel e Finmeccanica.
Di pari passo il governo italiano intende intensificare gli sforzi nella lotta all’evasione fiscale, moltiplicando i controlli e dando la caccia alle “cattive abitudini” che hanno pesato grandemente sul deficit statale. Il governo punta anche su una riduzione “strutturale” della spesa pubblica grazie a una “ridefinizione globale dell’assetto della pubblica amministrazione”. Da questo mese le parti sociali dovranno prendere in considerazione un piano di riduzione di 24 000 posti di lavoro nel settore pubblico, uno sforzo relativamente modesto se confrontato con i 3,3 milioni di funzionari statali della Penisola.



Per la classe media italiana la medicina è già sufficientemente amara. E non è detto che restituirà fiducia duratura agli investitori internazionali che hanno già enormemente ridotto i loro acquisti dei titoli di stato italiani. Sicuramente l’Italia non ha conosciuto l’impatto disastroso della bolla immobiliare spagnola, e la situazione delle finanze pubbliche qui è meno preoccupante, con un disavanzo primario (esclusi gli interessi) decisamente più basso degli altri Paesi del sud Europa. Ma, come fanno notare alcuni economisti, il crollo del PIL italiano nel terzo trimestre (-0,7% rispetto al trimestre precedente) è molto più evidente di quello spagnolo (+0,4%). E la riduzione dei consumi interni, il calo dell’8% della produzione industriale in un anno e l’alto tasso di mortalità delle aziende (20%) restano comunque segnali inquietanti. Secondo l’economista Francesco Boccia, il rischio è che il piano Grilli si riveli alla fine soltanto un “piano Tremonti bis”, e che non riesca a risolvere la questione cruciale della riforma fiscale e della ridistribuzione dei redditi.
“L’Italia è tra i Paesi più virtuosi del mondo e dell’Europa, e non ha affatto bisogno di aiuto per ridurre il suo deficit” ha assicurato recentemente il Ministro per l’Economia Vittorio Grilli. Avrebbe solo bisogno di “un po’ di tranquillità da parte dei mercati finanziari”. La difficoltà per Mario Monti, che farà di tutto per evitare un altro referendum sull’Europa voluto dalla lega Nord e da una fetta della sinistra italiana, resta ancora quella di rafforzare la fiducia dei Paesi esteri senza alienarsi quella dei suoi concittadini, finora poco abituati allo spirito di sacrificio. Non è una vittoria scontata.


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