domenica 15 luglio 2012

Enormi pannelli pubblicitari deturpano i monumenti italiani

Des monuments italiens défigurés par des publicités géantes


di Mélody Piu
Pubblicato in Francia il 5 luglio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDall'Estero





La crisi e le misure di austerità sono una continua minaccia per il patrimonio culturale italiano. Il paese è costretto a ricorrere al settore privato, cedendo i diritti d’uso dei monumenti oppure, in molti casi, addirittura vendendoli.

Il Colosseo e la Fontana di Trevi si stanno sgretolando, la Domus Aurea e gli scavi di Pompei cadono a pezzi, le Mura di Aurelio sono in agonia …: pezzo dopo pezzo il patrimonio italiano sta sparendo (47 sono i siti censiti all’Unesco, il patrimonio più ricco del mondo) e il settore della cultura è uno dei  più colpiti dalle misure di austerità adottate dal governo.

Secondo Il Fatto Quotidiano, il Ministero dei Beni Culturali ha visto il suo budget ridursi di un terzo (1.42 miliardi di euro) in tre anni (dal 2008 e il 2011), eppure l’Italia è l’unico paese in cui la conservazione del patrimonio storico ed artistico è uno dei principi fondanti della Costituzione (articolo 9). Cosa si può fare allora? Per preservare i siti prima che sia troppo tardi, le amministrazioni locali e in particolare le sovrintendenze hanno deciso di ricorrere agli sponsor e a donazioni da parte di privati, persino vendere i monumenti.

Moltissime città tra cui Roma, Venezia e Milano inizialmente si sono rivolte a aziende come la Coca Cola o la H&M a cui affidare i lavori di restauro, concedendo in cambio alle agenzie di rivestire fino al 50 % della superficie dell’edificio con enormi pannelli pubblicitari per tutta la durata dei lavori. Secondo Francesco Bandarin, responsabile culturale all’Unesco, vendere pubblicità è “un sistema accettabile” per finanziare le opere di restauro in un periodo di crisi finanziaria, anche se “esistono numerosi casi in cui si è superato il limite”.







Venezia, la nuova Disneyland?
Nell’ottobre del 2012, il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato le foto del Palazzo Ducale avvolto da un enorme pannello pubblicitario della Coca Cola, che nascondeva interamente l’edificio rendendolo praticamente irriconoscibile. Un portavoce del sindaco di Venezia spiegò allora al quotidiano The Observer che “Venezia era costretta a ricorrere a questi espedienti per conservare i suoi preziosi monumenti”. Le entrate degli sponsor riuscirono a coprire interamente le spese per i lavori di restauro del palazzo Ducale e del Ponte dei Sospiri (2.8 milioni di euro).

Nel febbraio del 2012, il Fatto Quotidiano denuncia che Venezia si sta trasformando in una specie di “Disneyland”, pubblicando la foto del Campanile di San Marco su cui veniva proiettato il marchio gigante dell’Hard Rock Café. I turisti possono “ammirare” ancora oggi un immenso pannello pubblicitario affisso sulla facciata della Biblioteca Marciana di fronte al Palazzo dei Dogi.

Per quanto riguarda il Colosseo a Roma, la cui facciata è ridotta in uno stato pietoso a causa degli agenti atmosferici e dell’inquinamento urbano, Diego Dalla Valle, patron di Tod’s, ha vinto la gara d’appalto bandita dal comune, aggiudicandosela  con un offerta di 25 milioni di euro. Ma molte associazioni hanno accusato il magnate della calzatura di voler sfruttare il monumento per fini commerciali per affiggervi dei cartelloni pubblicitari. Nonostante ciò il TAR del Lazio ha respinto mercoledì il ricorso contro Diego Dalla Valle, che quindi sarà il padrino dei lavori di restauro del Colosseo, secondo quanto scrive il Messaggero.




Un nuovo medio Evo
Ma quando le amministrazioni locali non sono più in grado di far fronte alle spese dei lavori di manutenzione e le donazioni dei privati non bastano più, vendere è l’unica soluzione che rimane. In particolare è il caso di Venezia, dove sono sempre più i palazzi storici posti in vendita in questi ultimi anni. Nel 2008 il gruppo Benetton ha acquistato il Fondaco dei Tedeschi, un palazzo del 1500, ex sede dei commercianti tedeschi a Venezia, per trasformarlo in un centro commerciale.


Un anno dopo, François Pinault, fondatore del gruppo PPR, trasforma  in un centro d’arte contemporanea permanente per le sue collezioni, Punta della Dogana, un palazzo del XVII° secolo, situato sull’Isola della Giudecca all’imboccatura del Canal Grande. Oggi persino Palazzo Manfrin, sempre a Venezia, un edificio del XVIII° secolo che si affaccia sul canale di Cannaregio, è in vendita ed è acquistabile per 20.5 milioni di dollari.

“Ecco i nuovi mecenati del nuovo Rinascimento” scrive Il Fatto. “Più che di un Rinascimento si tratta di un nuovo oscuro Medio Evo, che vede andare in frantumi un patrimonio comune a vantaggio di nuovi, e spietati, feudatari”, aggiunge il quotidiano.


 

Il quotidiano americano Washington Post riporta che secondo il responsabile degli affari culturali della Regione Veneto, Fausta Bressani, la decisione di vendere è stata l’ultima risorsa, dopo che la regione si era rivolta per un aiuto finanziario al governo, alla Commissione europea e ad altri possibili finanziatori. “Ci troviamo di fronte ad una enorme crisi e il futuro è ancora incerto [...] ma penso sia ancora possibile trovare dei finanziatori privati che rispettino la natura culturale degli edifici”

Ma per Alessandra Mottola Molfino, presidente del gruppo Italia Nostra (un’associazione che si batte contro il progetto di trasformazione del Fondaco dei Tedeschi del gruppo Benetton) “i nostri monumenti vengono mortificati da questi passaggi di denaro tra poteri pubblici e privati. Siamo così al verde che non ci resta altro che mettere in vendita i nostri antenati?”.

Se moltissimi italiani temono la privatizzazione del patrimonio del proprio paese, non vogliono però neanche rivivere una seconda Pompei, quando la Casa dei Gladiatori crollò sotto gli occhi dei  turisti nel novembre del 2010, così come una parte delle mura esterne della citta antica.
Per Jean François Bernard, architetto nella scuola francese di Roma e esperto in monumenti antichi,  “il problema principale è soprattutto il restauro, poichè spesso le ditte private si accontentano solo di realizzare brevi lavoretti che fruttino un guadagno veloce, mentre sarebbe necessario in alcuni casi un restauro più completo per mantenere in piedi un edificio”.

 





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