lunedì 5 novembre 2012

Indignazione ingiustificata a L'Aquila

L'Aquila : pourquoi l'indignation n'est pas justifiée


di Marcelle Padovani
Pubblicata in Francia il 23 ottobre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli

E ci fossero ulteriori motivazioni non espresse riguardo la condanna dei membri della Commissione Grandi Rischi? Qualcuno in Italia lo pensa

Mentre il mondo politico italiano e esperti di ogni settore si indignano ed elencano una serie di dichiarazioni in riferimento alla sentenza della magistratura italiana sul sisma che ha colpito L’Aquila il 6 aprile 2009, qualcuno tenta di approfondire la questione. Secondo questi l'indignazione non ha tutti i motivi per essere giustificata: i sei anni di reclusione comminati ai membri della Commissione Grandi Rischi, oltre all’interdizione dai pubblici uffici, sono ampiamente motivati. Ecco perchè.
I del terremoto dell'Aquila nel 2009

Rassicurare subito gli abitantiIniziamo con questa condanna apparentemente rocambolesca dei sette membri della Commissione - che dipendono direttamente dalla Protezione Civile - non solo alla pena detentiva, ma anche al pagamento di 7 milioni di euro per danni materiali e morali alle 300 vittime del sisma dell’Aquila. Queste sette persone, tutti esimi esperti in vulcanologia, sismologia, innondazioni, tettonica, si erano riuniti in commissione il 31 marzo del 2009, convocati dal Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso. Da settimane leggere scosse, complessivamente più di 400, sconvolgevano la tranquillità della provincia dell’Aquila. La popolazione, sebbene abituata a vivere in una zona sismica, cominciava a dare segni di preoccupazione.
Il responsabile della Protezione Civile, su richiesta del governo Berlusconi, decide che è ora di tranquillizzare la popolazione, decisamente un po’ allarmista. Di fretta e furia i sette esperti concludono che all’Aquila e dintorni non c’è alcun pericolo, escludendo qualsiasi ipotesi di disastro. Quindi secondo i magistrati forniscono “informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, le cause, il pericolo e gli sviluppi futuri dell’attività sismica in corso”. Una vera sfortuna per questi esimi esperti: cinque giorno dopo, un sisma dalla forza devastante distrugge il centro storico dell’Aquila e seppellisce 300 persone.

Un coro di protesteSubito dopo la pronuncia della sentenza, si leva un coro di proteste su tutti i media. Argomento: “Come si possono condannare degli uomini di scienza, nel paese di Galileo, accusandoli di non essere in grado di prevedere un terremoto, quando tutti gli scienziati del mondo confermano prove alla mano che non si possono prevedere i terremoti con più di cinque giorni di anticipo? E’ un’assurdità e una vergogna. Questo avrà delle conseguenze in futuro, nessun esperto accetterà più di fare parte di commissioni per la valutazione dei rischi”.
Storie del genere, se ne possono leggere in tutti i giornali, sia di destra che di sinistra, e persino sulla stampa internazionale, che si è quasi mobilitata in difesa dei “poveri membri” della Commissione Grandi Rischi della penisola “così ingiustamente perseguitati”.

L'Aquila oggi, il cimitero nel 2012

Hanno ragione?
Ma due voci autorevoli emergono invitando a riflettere in maniera più ponderata. Inizialmente l’ex presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane che dichiara all’emittente Rainews: “Ci è voluto un bel po’ di coraggio per scrivere questa sentenza e i giudici lo hanno avuto. Ricordo che all’epoca io ho denunciato personalmente la superficialità della Commissione. Se questa non avesse tranquillizzato ad ogni costo la popolazione, su ordine del governo [di allora], gli aquilani sottoposti alle continue scosse [dei giorni precedenti], sarebbero scesi in strada la famosa notte del 6 aprile e si sarebbe potuto evitare una gran parte delle 300 vittime. Questo è chiaro”.
Ma il giurista Stefano Rodotà è ancora più chiaro e scrive sul quotidiano La Repubblica che “non stiamo assistendo ad un processo contro la scienza” ma ad un’accusa contro delle persone che “sono state convocate di fretta e furia la mattina del 31 marzo” per adempiere a questo atto amministrativo “contraddittorio e rassicurante” senza tener conto dei reali pericoli. E’ un bene, conclude Rodotà, che il principio della responsabilità personale sia stato ribadito grazie a questa sentenza choc. Un principio che porterà delle conseguenze in occasione delle tragedie (eruzioni, innondazioni, incendi, valanghe e sismi) che potrebbero avvenire in futuro”.


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