La parità tra i sessi in politica, un mito europeo
Nel Parlamento europeo, poco più di un terzo dei parlamentari sono donne. In particolare la bassa cifra, rivela un’ Europa in cui la parità dei sessi in politica avanza a piccoli(ssimi) passi. Inventario di una democrazia in fase di costruzione, lenta e faticosa.
Angela Merkel e Iveta Radicova |
di myEurope
pubblicato in Francia il 07/03/2012
traduzione di Claudia Marruccelli
Angela Merkel (Germania), Helle Thorning-Schmidt (Danimarca), Iveta Radičová (Slovacchia) e Dalia Grybauskaite (Lituania) sono sole solette nelle foto ufficiali. Esse sono le uniche quattro donne alla guida del proprio paese, su ventisette dell’eurozona. L'Europa resta un'area a dominazione maschile, specchio del parlamento europeo e dei suoi due terzi di presenza maschile. Le camere nazionali non sono poi tanto più equilibrate, si prenda ad esempio l'Ungheria (solo 8,8% dei parlamentari sono donne), la Romania (11,2%) o ancora l'Irlanda (15,1%). La Francia e il suo 18% di donne parlamentari è ben lontana dalla modernissima Svezia che conta anche il primato (44,7%). Facciamo il punto sulla parità dei sessi in quattro paesi europei, con uno sguardo alla Turchia.
Distribuzione delle donne in politica nel mondo: dal 1997 |
Belgio: le quote sono un flop
Il diritto di voto per le donne esiste in Belgio dal 1948. Sessantaquattro anni più tardi, sono ancora una netta minoranza nell'apparato politico. Una tendenza che ha giustificato nel 2002 l'adozione di una legge che impone quote rosa per alcune elezioni. Nelle liste elettorali occorre rispettare la parità tra i sessi tra i candidati, con uno scarto di uno, cioè, quando un partito ha 21 candidati, 11 di loro, al massimo, saranno uomini. Regole applicabile alle elezioni federali, europee e regionale. Le elezioni locali però hanno una normativa autonoma variabile di regione in regione. In tutti i casi, il mancato rispetto delle quote è sanzionabile. Ma se il principio delle quote sembra giusto, la loro applicazione ha avuto scarso impatto sulla presenza delle donne nei vari organismi di rappresentanza belga: infatti, il sistema dei voti di preferenza si basa sul posto che i candidati occupano in una lista. E la maggioranza dei voti in genere va ai capilista. I partiti sono ben consapevoli di ciò, collocando in cima alle liste elettorali i “pesi massimi” che attirano voti. E questi big sono spesso degli uomini. Così è successo che Elio Di Rupo, l'attuale Primo Ministro si è anche presentato come candidato sindaco di Mons. Mentre tutti sanno che non avrebbe mai accettato l’incarico ...
Il governo belga è composto da cinque ministri di sesso femminile su otto uomini e un Segretario di Stato su 6. Un rapporto più che rispettabile se si guarda altrove. Si noti che il Belgio non ha mai comunque avuto un Primo Ministro donna. In parlamento, il 39,3% dei parlamentari erano donne nel mese di ottobre 2011.
La parità è sulla buona strada in Belgio, che secondo il World Economic Forum nel 2011, si è classificato al 17° posto tra i paesi nel mondo, in termini di integrazione politica delle donne, e al 13° per la parità dei sessi in generale.
PAESI BASSI: una regina di fronte al deserto
I Paesi Bassi, dove le donne hanno il diritto di voto dal 1919, sono messi un po’ peggio. Il Forum Globale li colloca al 26° posto nella graduatoria dell'integrazione delle donne in politica, e al 15° posto assoluto. Il capo dello Stato olandese è una donna, la regina Beatrice che è sul trono dal 30 aprile 1980. Il sovrano dei Paesi Bassi è quindi una sovrana dal 1890 ... Sì, ma cosa succede nelle istituzioni politiche?
Ci sono stati un terzo di rappresentanti donne nel governo nel mese di ottobre 2011. In vari organi politici, esiste un sistema di quote rosa, come in Belgio, che stabilisce il tetto minimo del 50% per la partecipazione delle donne nelle liste elettorali. Ma, sempre come in Belgio, le posizioni di capolista spesso le evitano. Una legge del 2002 punisce con delle ammende queste mancanze.
Le donne occupano il 40,7% delle poltrone in Parlamento, un po’di più rispetto al Senato (36%), e ancor di più nelle province (34, 6%). A livello più locale purtroppo, la parità diminuisce ancora: solo il 26,8% dei consiglieri comunali sono donne. Al contrario, quasi la metà degli eurodeputati olandesi sono deputati donne.
1929 le prime donne laburiste al governo, la terza da sinistra è Margaret Bondfield |
GRAN BRETAGNA: ai Liberaldemocratici non piacciono le donne, i laburisti sono i "meno peggio"
Parità sessuale nella politica britannica oggi sembra molto illusoria. Prima di tutto al governo: solo 4 su 22 alti ministri del governo di David Cameron sono donne. Appena il 18%. I liberal-democratici sono i discoli/maschilisti della coalizione di governo, dal momento che i cinque ministri dei LibDems sono di sesso maschile; i ministri conservatori sono da parte loro maschi al 75%, quindi solo un quarto sono donne.
I Liberaldemocratici e i conservatori in Parlamento sono anche peggio: solo il 12,3% dei parlamentari (7 su 50) per i primi, e il 15% per i secondi (48 su 259). L'opposizione laburista va molto meglio, con quasi un terzo (81 su 177).
Non bisogna meravigliarsi quindi se il Partito laburista - che è stato il primo partito a nominare una donna al governo, Margaret Bondfield nel 1924 - vuole imporre le quote rosa. Gli altri partiti politici sono contrari. Il partito laburista ha anche cercato di dare il buon esempio alle elezioni generali del 1997 creando delle liste di alcuni quartieri composte interamente da donne: 101 donne erano state così elette alla carica di parlamentare, contro solo 13 conservatrici, 3 liberaldemocratiche e due indipendentiste scozzesi. Ma il sistema è stato sospeso per le elezioni 2001, in quanto ritenuto illegittimo da un tribunale, con una conseguente nuova diminuzione del numero di donne in Parlamento. Nel 2005, ci risiamo, l'innovazione sulla parità dei sessi viene riproposta dal partito laburista. Alle ultime elezioni, 190 donne sono stati nominate come candidate, un record assoluto per il paese.
Governo Mariano Rajoy |
SPAGNA: nessuna donna alibi, ma molte "numero 2"
In Spagna, i politici donne sono più spesso i numero due. Ma a differenza di altri paesi, il loro potere è reale. Raramente servono da alibi per giustificare la composizione degli organi di potere essenzialmente maschili.
Nella Spagna di Mariano Rajoy, il 37,4% dei parlamentari sono donne. Una media onorevole rispetto ad altri paesi. E comunque siamo lontani dalla parità, in particolare da quella promossa dal precedente mandato. Infatti, il governo socialista di Jose Luis Rodriguez Zapatero era composto soprattutto da donne, mentre il conservatore Rajoy, eletto il 20 novembre scorso, conta solo quattro donne su quattordici ministri.
Una percentuale che non dovrebbe oscurare il ruolo che alcune di loro sono venute a ricoprire. Ciò vale in particolare per il caso di Sorya Sánchez Santamaría, che domina incontrastata il governo dalla sua posizione di vice primo ministro e portavoce per i Rapporti con il Parlamento. Anche il numero due del partito di governo è una donna, María Dolores de Cospedal, segretario generale eletto all'unanimità dai suoi colleghi al congresso del Partito popolare all’inizio del mese di marzo. Inoltre ricopre anche la carica di presidente della Castilla La Mancha. In Catalogna, il PP è guidato da una donna, il cui successo elettorale è stato clamoroso nelle ultime elezioni regionali nel 2010.
Un'altra personalità femminile in vista è Esperanza Aguirre. E 'l'ambiziosa presidente della regione di Madrid, il secondo territorio più ricco di Spagna. Oppure Ana Botella, il primo sindaco donna della capitale spagnola. Il posto d'onore lo ha comunque raggiunto dopo che il suo predecessore ... è stato nominato ministro della Giustizia. In altre parole, perché un uomo è stato promosso.
Che dire dell'opposizione? I socialisti del PSOE hanno affidato a Soraya Rodriguez il ruolo di portavoce del partito in Parlamento. In particolare, dopo l'elezione risicata di Alfredo Pérez Rubalcaba contro la catalana Carme Chacón, il nuovo segretario generale del PSOE ha nominato Elena Valenciano numero due del partito, come segretario generale.
Partecipazione femminile nei quadri dirigenziali e politici francesi |
FRANCIA: parità a piccoli passi
In Francia, la politica non è immune dal sessismo e la parità tra i sessi avanza (molto) lentamente. In altre parole, i partiti parlano molto ma agiscono poco.
Nel 1945, le prime donne parlamentari sono stati elette in Francia, un anno dopo la conquista del voto. Furono esattamente 33 ad inaugurare la presenza femminile nella camera. Settanta anni dopo, quel numero è certamente triplicato, ma la rappresentanza delle donne in politica resta assolutamente arretrata. Oggi, 107 parlamentari sono donne, contro 470 uomini. Appena il 18% quindi, a titolo puramente informativo, meno che nel Parlamento cinese. E il Senato francese se la cava meglio solo per poco: il 23,5%, ossia l’80 sono le senatrici contro 261 senatori (2011).
La Francia è anche classificata al 46° posto nella classifica dell’ uguaglianza politica istituita dal World Economic Forum. E 'sempre più del governo Juppé II (1995-1997), il meno paritario negli ultimi venti anni, con solo 12,1 per cento di donne. Ma molto meno del primo governo Fillon (2007), che aveva uguagliato il punteggio del governo Jospin: il 34,4% di presenze femminili al governo.
Si noti che gli ultimi quindici anni, i ministeri chiave cominciano a sfuggire (a volte) agli uomini: Elizabeth Guigou (1997), Marylise Lebranchu (2000) e Rachida Dati (2007) alla giustizia, ma anche e soprattutto Michele Alliot-Maria, la prima donna ministro della difesa (2002), degli Interni (2007) e degli Affari Esteri (2010), tre capisaldi a prevalenza maschile per diverse repubbliche.
Dal lato elezioni legislative: i deputati hanno adottato una proposta di legge il 14 febbraio, per l'introduzione delle quote rosa nelle alte sfere dell’amministrazione pubblica. L'obiettivo? Portare a oltre il 20% le nomine delle donne nel biennio 2013-2015, il 30% per i prossimi due anni, e oltre il 40% dal 2018. Le donne rappresentano quasi il 60% dei funzionari pubblici, ma solo il 14% dei quadri dirigenziali e il 24% dei quadri superiori.
Il ministro turco Tansu Ciller |
TURCHIA: un solo ministro donna … della famiglia ...
La Turchia accentua le differenze. Le donne di questo paese ha vinto il diritto di voto alle elezioni locali nel 1930 e alle elezioni nazionali nel 1934, vale a dire ben prima di molti altri paesi europei. Nel 1993, Ankara aveva anche alla sua guida la prima donna premier nella sua storia (l'unica finora), Tansu Ciller.
Ma oltre a questo, la rappresentanza delle donne in politica rimane drammaticamente bassa. Nel parlamento attuale, eletto nel giugno 2011, solo il 8,85% dei parlamentari sono donne (contro il 9,1% nel 2007, quello che allora era un record). Per quanto riguarda l'attuale governo con 26 ministri, ha solo una rappresentante femminile, che occupa un ministero molto tradizionale, quello della famiglia.
Stessa osservazione a livello locale: meno dell'1% dei sindaci eletti nelle ultime elezioni nel 2009 sono donne (27 donne su 2948). Il partito filo-curdo BDP è di gran lunga più ben disposto verso le donne che costituiscono il 47% dei membri del suo organo di governo, contro il 15% del partito al governo AKP e il 16% del principale partito di opposizione CHP.
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