venerdì 27 luglio 2012

La Sicilia sull’orlo del fallimento preoccupa Mario Monti

La Sicile au bord de la faillite inquiète Mario Monti


di Richard Heuzé
Pubblicato in Francia il 18 luglio
Traduzione di Claudia marruccelli

Il deficit della regione è salito a 5.3 miliardi di euro. Le spese sono raddoppiate in dieci anni. Mario Monti fa pressioni sul governatore affinché rassegni le dimissioni e ponga fine alla deriva finanziaria dell’isola.

Il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo
                                
La Sicilia si trova sull’orlo del fallimento. Il sindacato locale paragona la situazione economica dell’isola a quella della Grecia. Mario Monti si dice “seriamente preoccupato” per un possibile “default” finanziario e chiede in una lettera al governatore regionale Raffaele Lombardo, di “dare conferma delle sue dimissioni entro il 31 luglio”.

Centrista camaleontico, sostenuto dal Partito Democratico dopo essersi fatto eleggere nel 2008 da una coalizione di destra, Raffaele Lombardo, chirurgo di 62 anni che ha fondato una sua propria formazione politica, il “Movimento per le Autonomie”, governa questa regione composta da 5 milioni di abitanti con una disinvoltura che fafa venire i brividi a Bruxelles. Le casse della regione rivelano un buco di 5.3 miliari di euro, cioé il 6 % del PIL dell’isola. Secondo la Corte dei Conti, in dieci anni le spese sono raddoppate  e il debito supera i 21 miliardi di euro. Questo sta aggravando quindi il debito pubblico Italiano, tenuto sott’occhio dai mercati.

Raffaele Lombardo ha costruito la sua fortuna politica sul clientelismo. La regione conta 17.995 dipendenti pubblici (contro i 3.200 del Piemonte) e 24.880 guardie forestali, più del Canada, Stato della British Columbia, ricoperto di foreste. I dipendenti (1382) di “Palazzo dei Normanni”, sede della regione” sono più numerosi che a Downing Street a Londra. Secondo la Corte dei Conti l numero dei dirigenti amministrativi che percepiscono uno stipendio superiore ai 120.000 euro all’anno è fuori misura, uno su sei funzionari pubblici. Migliaia di consulenti incaricati di compiti fantasma, sarebbero stati pagati con denaro pubblico.

Mafia e regionalismo
La Sicilia non lesina in quanto a vantaggi per i suoi dipendenti. I dirigenti amministrativi che hanno familiari anziani a carico possono andare in pensione dopo 25 anni di servizio. Viene assegnato un bonus di 5000 euro a copertura delle spese funerarie a ciascuno dei 90 consiglieri regionali.

Nel mese di marzo, rinviato a giudizio peri “concorso esterno” in associazione mafiosa, il governatore Lombardo non ha affatto modificato le sue abitudini. Tutt’altro. Il giorno stesso in cui era stato condannato, ha assunto una nuova sfilza di consiglieri regionali, e un amministratore che al momento si trovava in carcere! Sono già anni che la Sicilia va alla deriva con questi sperperi. Grazie al suo “Statuto speciale”, garantito dalla Costituzione italiana dal 1948, la Sicilia sfugge, come altre cinque regioni italiane, al controllo di Roma. A tal titolo dispone di una ampia autonomia legislativa e finanziaria che le permette di varare autonomamente alcune leggi, di emettere imposte e di aumentare le proprie strutture amministrative senza alcun rendiconto allo stato.

Salvatore Cuffaro e Raffaele Lombardo
Da tempo, i siciliani sono stati estremamente gelosi delle proprie prerogative e difendono con forza questa particolarità regionale. Il predecessore di Raffaele Lombardo, Salvatore Cuffaro, anche lui centrista, ha governato la regione dal 2001 al 2008 prima di essere condannato nel 2011 a sette anni di prigione per collusione con la mafia. Attualmente si trova in carcere a Roma.

Dal 2000, Bruxelles ha concesso alla Sicilia aiuti economici per 20 miliardi di euro, di cui solo il 9% è stato effettivamente destinato. L’UE minaccia di sospendere i propri crediti se non verranno attuati risanamenti economici. Raffaele Lombardo afferma che i conti sono a posto e che riferirà di ciò a Monti martedì prossimo. Ma la soluzione più probabile sembrerebbe il commissariamento della regione Sicilia.

martedì 24 luglio 2012

Una scuola intitolata a Benito Mussolini in Italia?

Une école Benito Mussolini en Italie?
Pubblicato in Francia il 14 luglio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia dall'Estero

Scuola elementare di Pieve Saliceto (RE)

Secondo quanto riportato sabato scorso su un quotidiano locale, un assessore del comune di Pieve Saliceto, paesino dell’Italia settentrionale, ha proposto di intitolare a Benito Mussolini la ex scuola della frazione [del comune di Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, N.d.T.] dove il dittatore fascista insegnò all’inizio del secolo. Nel 1902 Benito Mussolini (1883-1945) è stato insegnante supplente in questa scuola elementare, riconvertita poi in sala polivalente. Ecco perchè Giovanni Iotti, assessore del PdL, ha proposto di intitolare l’edificio a “Benito Mussolini, maestro”.

Un giovane Benito Mussolini
“Non intendo esaltare la figura del Mussolini capo del partito fascista. Intendo invece far ricordare la figura di Mussolini insegnante nelle scuole elementari di questa nostra frazione” ha chiarito l’assessore al quotidiano Il Resto del Carlino, citato dall’ANSA. “Gli anziani del paese, i figli e i nipoti di quelli che furono suoi allievi, ne hanno sentito parlare come di un maestro severo ma ben preparato” aggiunge, ricordando che Mussolini ritornò nel paese negli anni Trenta per inaugurare la nuova scuola.

Mussolini inaugura una scuola rurale
Il vice sindaco Francesco Villani si è opposto a questo progetto: “Non sono d’accordo, quando Mussolini è venuto in visita alla scuola era già un dittatore”. Fondatore del partito fascista italiano e alleato del regime nazista di Adolf Hitler, il Duce ha governato l’Italia dal 1922 al 1943. Secondo una legge del 1952 l’apologia del fascismo è un reato.

lunedì 16 luglio 2012

Napoli invasa da scarafaggi giganti


Naples envahie par des cafards géants

Negli ultimi giorni sono venuti fuori dalle fognature scarafaggi grandi fino a 7 centimentri.

Pubblicato in Francia il 12 luglio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia dall'Estero

Condizione delle strade a Napoli pochi giorni fa

Le autorità locali hanno annunciato che martedì scorso la città di Napoli si è decisa ad adottare misure per la disinfestazione, nella lotta contro gli scarafaggi usciti dalle fognature nei giorni scorsi e che raggiungono la lunghezza di sette centimetri

A seguito di una riunione straordinaria, il comune, e la ASL di Napoli responsabile della gestione delle fognature urbane, hanno deciso di intensificare le operazioni di disinfestazione.

Dal mese di aprile i netturbini lavorano di notte per evitare ogni contatto tra i prodotti insetticidi e gli abitanti, ma “verranno programmate attività anche di giorno”, ha dichiarato Maurizio Scoppa, direttore dell’ASL.


Il caldo torrido accentua la proliferazione

La proliferazione di questi insetti, accentuata dal caldo torrido che grava sul centro sud, l’afa e i rifiuti umidi, hanno riproposto la polemica sull’igiene a Napoli, già sotto accusa per la gestione dei rifiuti domestici.

Il quotidiano “Repubblica” ha parlato di “invasione di scarafaggi giganti” e alcuni esperti di salute pubblica hanno paventato rischi di malattie come il tifo e l’epatite A.

La portavoce del sindaco di Napoli, Maria Bonacci ha risposto che “non esiste alcun rischio sanitario”. “Gli esperti escludono qualsiasi pericolo per la salute della popolazione. Non esiste alcuna situazione di urgenza, si tratta solo di un fenomeno che riguarda zone circoscritte del territorio” ha voluto puntualizzare.

Secondo Maria Bonacci, non si può parlare di “invasione” di scarafaggi anche se il numero degli insetti è aumentato in maniera sensibile rispetto alle precedenti estati.

La portavoce del comune di Napoli che dalle elezioni del maggio 2011 è amministrato da Italia dei Valori, ha attribuito la responsabilità dei fatti alla precedente amministrazione (Partito Democratico), che accusa di “non aver provveduto alla pulizia delle fognature”.

Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris


Mancanza di mezzi

Questa situazione è da attribuire, oltre al caldo e all’assenza di precipitazioni, alla mancanza di mezzi da parte della municipalità e della società che raccoglie la spazzatura, ha dichiarato il responsabile della  ASL. “Una delle cause di questo fenomeno si può ricondurre a questioni organizzative tra la gestione delle fognature e quella dei rifiuti” sempre secondo Maurizio Scoppa,

che dà la colpa “alla mancanza di personale in municipio”, senza il quale gli addetti della ASL non possono accedere alle fognature per la disinfestazione.

A questo si aggiunge che se i napoletani devono depositare i sacchetti della spazzatura dopo le otto di sera, questi vengono raccolti solo la mattina dopo, perché mi pare che il lavoro notturno costi meno”. “La spazzatura resta in strada tutta la notte e le temperature sono molto alte, attirando quindi numerosi “ospiti”, ha aggiunto.

domenica 15 luglio 2012

Enormi pannelli pubblicitari deturpano i monumenti italiani

Des monuments italiens défigurés par des publicités géantes


di Mélody Piu
Pubblicato in Francia il 5 luglio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDall'Estero





La crisi e le misure di austerità sono una continua minaccia per il patrimonio culturale italiano. Il paese è costretto a ricorrere al settore privato, cedendo i diritti d’uso dei monumenti oppure, in molti casi, addirittura vendendoli.

Il Colosseo e la Fontana di Trevi si stanno sgretolando, la Domus Aurea e gli scavi di Pompei cadono a pezzi, le Mura di Aurelio sono in agonia …: pezzo dopo pezzo il patrimonio italiano sta sparendo (47 sono i siti censiti all’Unesco, il patrimonio più ricco del mondo) e il settore della cultura è uno dei  più colpiti dalle misure di austerità adottate dal governo.

Secondo Il Fatto Quotidiano, il Ministero dei Beni Culturali ha visto il suo budget ridursi di un terzo (1.42 miliardi di euro) in tre anni (dal 2008 e il 2011), eppure l’Italia è l’unico paese in cui la conservazione del patrimonio storico ed artistico è uno dei principi fondanti della Costituzione (articolo 9). Cosa si può fare allora? Per preservare i siti prima che sia troppo tardi, le amministrazioni locali e in particolare le sovrintendenze hanno deciso di ricorrere agli sponsor e a donazioni da parte di privati, persino vendere i monumenti.

Moltissime città tra cui Roma, Venezia e Milano inizialmente si sono rivolte a aziende come la Coca Cola o la H&M a cui affidare i lavori di restauro, concedendo in cambio alle agenzie di rivestire fino al 50 % della superficie dell’edificio con enormi pannelli pubblicitari per tutta la durata dei lavori. Secondo Francesco Bandarin, responsabile culturale all’Unesco, vendere pubblicità è “un sistema accettabile” per finanziare le opere di restauro in un periodo di crisi finanziaria, anche se “esistono numerosi casi in cui si è superato il limite”.







Venezia, la nuova Disneyland?
Nell’ottobre del 2012, il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato le foto del Palazzo Ducale avvolto da un enorme pannello pubblicitario della Coca Cola, che nascondeva interamente l’edificio rendendolo praticamente irriconoscibile. Un portavoce del sindaco di Venezia spiegò allora al quotidiano The Observer che “Venezia era costretta a ricorrere a questi espedienti per conservare i suoi preziosi monumenti”. Le entrate degli sponsor riuscirono a coprire interamente le spese per i lavori di restauro del palazzo Ducale e del Ponte dei Sospiri (2.8 milioni di euro).

Nel febbraio del 2012, il Fatto Quotidiano denuncia che Venezia si sta trasformando in una specie di “Disneyland”, pubblicando la foto del Campanile di San Marco su cui veniva proiettato il marchio gigante dell’Hard Rock Café. I turisti possono “ammirare” ancora oggi un immenso pannello pubblicitario affisso sulla facciata della Biblioteca Marciana di fronte al Palazzo dei Dogi.

Per quanto riguarda il Colosseo a Roma, la cui facciata è ridotta in uno stato pietoso a causa degli agenti atmosferici e dell’inquinamento urbano, Diego Dalla Valle, patron di Tod’s, ha vinto la gara d’appalto bandita dal comune, aggiudicandosela  con un offerta di 25 milioni di euro. Ma molte associazioni hanno accusato il magnate della calzatura di voler sfruttare il monumento per fini commerciali per affiggervi dei cartelloni pubblicitari. Nonostante ciò il TAR del Lazio ha respinto mercoledì il ricorso contro Diego Dalla Valle, che quindi sarà il padrino dei lavori di restauro del Colosseo, secondo quanto scrive il Messaggero.




Un nuovo medio Evo
Ma quando le amministrazioni locali non sono più in grado di far fronte alle spese dei lavori di manutenzione e le donazioni dei privati non bastano più, vendere è l’unica soluzione che rimane. In particolare è il caso di Venezia, dove sono sempre più i palazzi storici posti in vendita in questi ultimi anni. Nel 2008 il gruppo Benetton ha acquistato il Fondaco dei Tedeschi, un palazzo del 1500, ex sede dei commercianti tedeschi a Venezia, per trasformarlo in un centro commerciale.


Un anno dopo, François Pinault, fondatore del gruppo PPR, trasforma  in un centro d’arte contemporanea permanente per le sue collezioni, Punta della Dogana, un palazzo del XVII° secolo, situato sull’Isola della Giudecca all’imboccatura del Canal Grande. Oggi persino Palazzo Manfrin, sempre a Venezia, un edificio del XVIII° secolo che si affaccia sul canale di Cannaregio, è in vendita ed è acquistabile per 20.5 milioni di dollari.

“Ecco i nuovi mecenati del nuovo Rinascimento” scrive Il Fatto. “Più che di un Rinascimento si tratta di un nuovo oscuro Medio Evo, che vede andare in frantumi un patrimonio comune a vantaggio di nuovi, e spietati, feudatari”, aggiunge il quotidiano.


 

Il quotidiano americano Washington Post riporta che secondo il responsabile degli affari culturali della Regione Veneto, Fausta Bressani, la decisione di vendere è stata l’ultima risorsa, dopo che la regione si era rivolta per un aiuto finanziario al governo, alla Commissione europea e ad altri possibili finanziatori. “Ci troviamo di fronte ad una enorme crisi e il futuro è ancora incerto [...] ma penso sia ancora possibile trovare dei finanziatori privati che rispettino la natura culturale degli edifici”

Ma per Alessandra Mottola Molfino, presidente del gruppo Italia Nostra (un’associazione che si batte contro il progetto di trasformazione del Fondaco dei Tedeschi del gruppo Benetton) “i nostri monumenti vengono mortificati da questi passaggi di denaro tra poteri pubblici e privati. Siamo così al verde che non ci resta altro che mettere in vendita i nostri antenati?”.

Se moltissimi italiani temono la privatizzazione del patrimonio del proprio paese, non vogliono però neanche rivivere una seconda Pompei, quando la Casa dei Gladiatori crollò sotto gli occhi dei  turisti nel novembre del 2010, così come una parte delle mura esterne della citta antica.
Per Jean François Bernard, architetto nella scuola francese di Roma e esperto in monumenti antichi,  “il problema principale è soprattutto il restauro, poichè spesso le ditte private si accontentano solo di realizzare brevi lavoretti che fruttino un guadagno veloce, mentre sarebbe necessario in alcuni casi un restauro più completo per mantenere in piedi un edificio”.

 





venerdì 13 luglio 2012

Grom, la «success story» di un gelataio in un Paese in crisi


Grom: la Succes story d'un glacier dans un pays en crise

Pubblicato in Francia il 3 luglio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia dall'Estero

Senza arte né parte, ma soprattutto senza soldi, nove anni fa Federico e Guido hanno dato vita a Grom, diventata in seguito un piccolo impero della gelateria all’italiana. I due ritengono che, nonostante la crisi, l’Italia offra ancora “grandi opportunità”.


 Nel 2003, quando decidono di aprire la loro prima gelateria a Torino, i due amici non hanno ancora compiuto trent’anni.
Guido Martinetti, che oggi ha 37 anni, è stato l’ideatore, come racconta il suo socio Federico Grom, 39 anni, all’AFP [Agence France Presse N.d.T.].
Dopo aver letto un articolo in cui Carlo Petrini, fondatore del movimento ecologico ed enogastronomico Slow Food, si rammaricava di non trovare più “gelati fatti con materie prime di qualità”, Guido, enologo di formazione, si ripromette di smentirlo e parla all’amico del suo progetto.

Federico, che allora era direttore finanziario di un’azienda, lo prende in parola e prepara su “basi poco solide”, come ammette lui stesso,  un business plan. 
“Un primo problema era che nessuno dei due sapeva fare i gelati, ma il principale era che non c’erano soldi” dice sorridendo Federico, il cui look casual da uomo d’affari stona con quello di Guido, in jeans, polo e scarpe da ginnastica.
Federico mette nel progetto il cognome e i suoi risparmi, 32.500 euro. Guido chiede un prestito per la stessa cifra.



Oggi i due amici, che hanno ceduto il 5% della società al produttore di caffè Illy e un altro 5% al loro socio giapponese, sono a capo di 58 gelaterie in Italia, in Francia, negli Stati Uniti e in Giappone.
Nonostante la crisi, che li ha colpiti nel bel mezzo della loro avventura, il loro giro d’affari è salito dai 250.000 euro del 2003 ai 30 milioni attuali.
Il loro credo: produrre gelati artigianali come [si facevano] una volta, con la “fissa della perfezione”, delle materie prime di qualità, ma senza costi eccessivi: due palline di gelato costano 2,50 euro.

Ecco cosa li ha spinti a riconvertire quindici ettari di terreno a Costigliole d’Asti, in Piemonte. Un podere che hanno battezzato “Mura Mura”, che in malgascio vuol dire “piano piano”,  in linea con i dogmi di Slow Food, nato proprio nella stessa regione.
“Il nostro scopo era di coltivare alcuni tipi di frutta per controllare [la filiera] ed ottenere le migliori materie prime, da trasformare poi in sorbetti di prima qualità” spiega Guido, mentre ci fa visitare la proprietà. Qui coltivano, secondo le norme biologiche,  pere, pesche e albicocche, una parte dei meloni e delle fragole che impiegano nei gelati, e  sperimentano nuove varietà.
Tuttavia, alcuni puristi sostengono che quello di Grom non sarebbe vero “gelato” [in italiano nel testo, N.d.T.] artigianale italiano, che deve essere prodotto interamente sul luogo di vendita: [Grom] produce le basi (polpe di frutta, aromi …) a Torino, per poi spedirle nelle filiali dove vengono confezionati i gelati.



La storia di Grom è una delle poche “success story” di cui l’Italia può fregiarsi in questi ultimi anni.
Colpita da una profonda crisi, la Penisola vede moltissimi giovani emigrare all’estero, spaventati da una disoccupazione  galoppante, mentre gli imprenditori continuano a denunciare una burocrazia che soffoca ogni spirito d’iniziativa.
Una visione smentita dai proprietari di Grom, che continuano a credere nel “Bel Paese”. Federico Grom rifiuta il “mito dell’estero” dove “tutto è più semplice” anche se “per un attimo ci ha quasi creduto”, e assicura di aver incontrato “molti più ostacoli burocratici a Los Angeles che non a Torino, a Milano o a Venezia”.
“L’Italia è uno dei più bei paesi del mondo, offre ancora grandi opportunità ed è ricca di talenti” dice, aggiungendo di sperare “che molti giovani possano ancora credere in sé stessi perché è ancora possibile trasformare i propri sogni in realtà”.



domenica 8 luglio 2012

Sergio Pininfarina, il designer italiano più vicino alla Francia

Sergio Pininfarina, le designer italien le plus francophile

 di  Sylvain Reisser


Sergio Pininfarina con l'ex Primo ministro Romano Prodi
Con i suoi modelli di Peugeot e Ferrari, l’ingegnere torinese deceduto martedì mattina all’età di 85 anni, aveva gettato le basi dell’automobile elegante e delle utilitarie del XX secolo.

Lancia Aerodinamica del 1937
Il suo nome resterà per sempre indissolubilmente legato alla storia dell’automobile italiana. Sergio Pininfarina non è stato solo ambasciatore di eleganza, ma anche un esempio, una guida e fonte di ispirazione per il mondo dell’industria, per gli imprenditori di ogni settore creativo e del design. In più di sessant’anni di attività si è sempre dimostrato un pioniere nel campo dell’innovazione automobilistica, influenzando in alcuni casi il corso degli eventi.  Ha vissuto l’età d’oro della carrozzeria, mentre gli artigiani lavoravano la lamiera con attrezzi rudimentali a partire da un modello di legno, l’era industriale, la catena di montaggio e i primi passi verso l’automobile elettrica.

Peugeot 404 cabriolet del 1961

Sergio Pininfarina ha ereditato [dalla famiglia] la sua passione per l’automobile. Aveva solo quattro anni quando, nel giugno del 1930, suo padre Battista Farina, detto “Pinin”, lascia il suo posto di responsabile tecnico degli stabilimenti Farina, una carrozzeria diretta da suo zio Giovanni, per mettersi in proprio. Grazie ad un milione di lire donato da una vecchia zia e ai contratti che lo legano a Vincenzo Lancia, la Carrozzeria Pinin Farina apre al civico 107 di Corso Trapani a Torino. L’ambiente familiare inizialmente non influenza il destino di Sergio. Fino a 16 anni, da eccellente pianista, vuole diventare direttore d’orchestra
Ma sia il suo destino che la sua passione sono legati indissolubilmente a quelli del padre. Appena raggiunta l’età per iniziare a lavorare, entra in officina. Dal 1946 partecipa alle decisioni importanti della ditta. Le idee all’avanguardia del carrozziere torinese non emergono subito negli anni ’30; solo nell’immediato dopo guerra getterà le basi di uno stile italiano raffinato e armonioso che farà scuola. La carrozzeria torinese, che firma le sue creazioni con una “F”, è ormai tra le aziende che contano, eppure gli organizzatori del salone dell’auto di Parigi non ne sono ancora convinti, ed escludono gli industriali italiani dall’edizione del 1946, che si svolge nelle ampie sale del Grand Palais.

Ferrari 275 GTB del 1965
Battista non intende rinunciare a questo appuntamento a cui teneva così tanto. Insieme a suo figlio, prende due sue nuove auto, una Alfa Romeo e una Lancia, e le porta all’alba di fronte ai gradini del palazzo parigino. Le Pinin Farina fanno colpo. I visitatori incuriositi non possono fare a meno di ammirare le due vetture. Con tanto di foto, Le Figaro pubblicherà un articolo su quello che fu definito “il contro salon” di Pinin Farina. Sergio in seguito riconoscerà che non avrebbe mai avuto la faccia tosta di sfidare il divieto francese. Il 1946 vede anche la nascita di Cisitalia 202, una piccola berlina dalle forme aerodinamiche disegnata da Mario Savonuzzi, che riesce ad entrare nel tempio dell’automobile. Dal 1951 è esposta nel museo d’arte moderna di New York.

Ferrari 365P Guida Centrale prodotta per Gianni Agnelli nel 1968

Collezione straordinaria di bellezze meccaniche
L’anno seguente sarà quello che inciderà profondamente [sul suo futuro]. Pinin Farina firma la sua prima Ferrari, una 212 Inter. E’ l’inizio di un sodalizio profondo tra Enzo Ferrari e i Pinin Farina, padre e figlio. I due soci daranno vita ad una collezione straordinaria di bellezze meccaniche, considerate opere d’arte. Accanto alle V12 di Maranello, l’artigiano torinese, il cui cognome verrà scritto in un’unica parola dal 1961, grazie ad un decreto presidenziale continua senza sosta ad integrare il vocabolario estetico del sogno automobile. Durante il decennio 1950-1960 sotto la supervisione di Aldo Brovarone, la serie delle Ferrari 250GT segna l’apice dello stile Pininfarina. Sergio è in prima linea anche quando è il momento di seguire l’innovazione del settore.

Peugeot 406 del 1997

L’azienda familiare si ingrandisce con la collaborazione di altre case costruttrici, in particolare con la Peugeot. Diventato protagonista nel settore industriale, Pininfarina costruisce la carrozzeria della coupé e della cabriolet 404, disegnate da lui. La coupé 406 e la 1007 sono le ultime testimonianze della collaborazione tra le due aziende. Nel 1996, quando scompare Battista, Sergio, preso il timone [dell’azienda], inaugura con suo cognato Renzo Carli un nuovo centro di studi e di ricerca a Grugliasco, in provincia di Torino. E’ il primo in Italia a dotarsi di una galleria del vento e a credere nell’informatica. Dal 1975 è il fornitore ufficiale ed esclusivo delle carrozzerie Ferrari, con cui la collaborazione resta ben solida.
Sergio è ancora pioniere quando decide di diversificare le attività dell’azienda nel campo dell’ingegneria e del design, avviando la produzione di articoli di pelletteria e piccoli elettrodomestici. Nel 1982 intuisce che il digitale rivoluzionerà il design automobilistico, e il nuovo centro di Cambiano viene dotato di apparecchiature all’avanguardia. Per restare al passo con questi grandi cambiamenti, l’azienda entra in borsa nel maggio del 1988.

Ferrari Enzo del 2002

Accanto a lui ci sono i suoi tre figli: Lorenza, addetta alle pubbliche relazioni, Paolo, amministratore delegato della filiale del design industriale e Andrea, che diventa presidente dal 2001. E’ riuscito a realizzare il suo sogno: trasmettere ad una nuova generazione ciò che suo padre gli aveva lasciato in eredità. All’inizio di agosto del 2008, proprio mentre il settore sta vivendo una nuova rivoluzione, la scomparsa di Andrea a seguito di un incidente mortale fa piombare la famiglia nella disperazione. Da allora, non è mai riuscita veramente a riprendersi ha interrotto la produzione di veicoli per conto di case costruttrici e si dedica interamente al design. Che sia la chiave di una nuova rinascita?

mercoledì 4 luglio 2012

Crisi in Italia: le ricette del professor Monti stanno per fallire?



L’Italia, terza economia della zona euro, è il prossimo obiettivo dei mercati? Mentre il Presidente francese Francois Hollande e il premier italiano Mario Monti hanno fissato un incontro giovedì 14 a Roma, per gettare le basi del rilancio della crescita in Europa e fermare la crisi del debito della zona euro, l’Italia è di nuovo direttamente minacciata dai mercati. Come spiegare questo fenomeno? Ecco alcune risposte.
Mario Monti al vertice europeo nel 2011
Perché l’Italia è nella tormenta?
Il problema numero uno di Roma è l’enorme debito pubblico. Ammonta a più di 1.900 miliardi di euro, ovvero circa il 120% del suo PIL. Solo la Grecia registra un deficit pubblico più elevato. Per colmare questo enorme debito, l’Italia è costretta a chiedere denaro in prestito. Ma il tasso di interesse dipende dalla salute economica del Paese, e in particolare dal livello del suo debito. La minore fiducia da parte degli investitori nella capacità dell’Italia di rimborsare il suo debito corrisponde ad un aumento dei tassi di interesse.
E’ quello che è successo mercoledì 13 giugno: certo, il Paese è stato in grado di mettere da parte 6,5 miliardi di euro in un anno, ma con tassi di interesse in netta ascesa, al 3,97% contro il 2,34% dell’ultima analoga operazione  l’11 maggio. Lo spread, cioè la differenza tra il tasso dei titoli italiani e quello dei titoli tedeschi, ha superato i 490 punti, differenziale raggiunto quando Silvio Berlusconi era ancora in carica, come scrive Libération.  E la situazione si ripete giovedì’ mattina, quando il Tesoro italiano ottiene in prestito 3 miliardi di euro in titoli di stato a tre anni ad un tasso del 5,30% contro il 3,91% del 14 maggio. Sui suoi prestiti a lungo termine, i tassi hanno superato la soglia simbolica del 6%.
È questo il meccanismo che ha soffocato la Spagna. Madrid ha avuto maggior difficoltà nel chiedere prestiti a tassi ragionevoli e quindi a sostenere il suo settore bancario, appesantito dalla crisi immobiliare. Gli spagnoli si sono trovati di fatto esclusi dai mercati. Questo è il motivo per cui Madrid è stata costretta ad accettare, sabato 9 giugno, un aiuto europeo per ricapitalizzare le banche spagnole per la somma di 100 miliardi di euro.

Il minisummit europeo del 14 giugno
Quali sono le soluzioni offerte da Monti?
L’ex Commissario europeo e docente di economia ha preso il posto al governo di Silvio Berlusconi, che si è dimesso nel mese di novembre 2011. Il suo progetto economico per l’Italia: una severa cura di austerità finalizzata al risparmio di 30 miliardi di euro. Misure che si aggiungono a due piani di tagli da 60 miliardi di euro adottati nel luglio e settembre scorsi. Mario Monti affronta la riforma delle pensioni ammorbidendo il rigore dei risparmi. L’austerità include anche i tagli della spesa pubblica, l’aumento della tassazione immobiliare, nuove tasse (sui carburanti, beni di lusso, le attività finanziarie svolte all’estero…) nuove imposte e inasprimento nella lotta contro l’evasione fiscale.
I taxi, le farmacie, i trasporti pubblici locali, le pompe di benzina, le libere professioni, le assicurazioni, le banche… è stato adottato anche un piano globale per liberalizzare l’economia, e numerosi settori si sono aperti alla concorrenza. E’ stata approvata una riforma del mercato del lavoro per ammorbidire le regole. Mario Monti porta avanti anche misure per rilanciare l’economia. Risultato: l’Italia ha riportato il suo deficit pubblico al 3,9% del PIL nel 2011 contro il 4,6% registrato alla fine del 2010, grazie ai suoi piani di austerità. Il bilancio italiano risulta in avanzo primario (senza contare i pagamenti di interessi sul debito pubblico).
Il premier Monti e il presidente Hollande
Perché questo non basta?
La crisi del debito in Europa, assieme ai tre piani di austerità adottati  in meno di sei mesi nel 2011, hanno avuto una conseguenza: l’arresto della crescita. L’Italia è entrata in recessione nel quarto trimestre del 2011 con una flessione del PIL dello 0,7% dopo il calo dello 0,2% nel terzo trimestre. E il 2012 conferma la recessione: nel primo trimestre, il PIL è calato dello 0,8%. Una diminuzione del 1,4% del PIL in un anno, secondo i dati dell’ Istat.
I settori più colpiti sono l’edilizia (-3,2%), l’industria (-1,6%) e i servizi (-1%),  secondo il quotidiano Le Figaro. E l’intera attività economica italiana viene rallentata. Il consumo è calato dello 0,6% nel primo trimestre rispetto al trimestre precedente, gli italiani stringono la cinghia a causa degli aumenti delle tasse e la disoccupazione record, che supera la soglia del 10%. Effetto domino: nello stesso periodo, gli investimenti sono diminuiti del 3,6%, le importazioni sono precipitate del 3,6%, e anche le esportazioni sono diminuite del 0,6%. Tuttavia, questa politica di austerità potrebbe essere ulteriormente rafforzata. Le famiglie italiane fanno crollare la domanda, alimentando la disoccupazione e il calo dei consumi.Un circolo vizioso che si tradurrebbe in minori entrate fiscali e quindi un nuovo pacchetto di misure di austerità.
Per riportare  tutti questi indicatori fuori dalla zona rossa, il Presidente del Consiglio italiano chiede altre misure volte a promuovere la crescita all’interno dell’Unione europea. “Una condizione importante per arginare il contagio [della crisi del debito] consiste nel lavorare sul fattore crescita per l’UE prima del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno” ha dichiarato Mario Monti l’8 giugno.


Perché l’Italia non è nella stessa situazione della Grecia, o della Spagna?
Dopo Grecia e Spagna, il rischio di un effetto domino sull’Italia non è ancora in vista. Anche se il Paese è bersaglio dei mercati,  Mario Monti ha spazzato via martedì sera a Berlino ogni idea di piano d’aiuto ” anche in futuro” e ha assicurato che il suo Paese “non è fragile”, vantandone i meriti. Il capo del governo italiano ha sostenuto che il debito delle famiglie italiane è basso e che il Paese dispone di un solido tessuto fatto di piccole e medie imprese.
Il deficit pubblico della Penisola, ben al di sotto della media europea, dovrebbe scendere all’ 1,7% quest’anno; il Paese si avvicinerebbe ad un bilancio in pareggio entro il 2013, mentre le banche sono per lo più “stabili”, ha ancora sottolineato agli eurodeputati mercoledì. Da parte sua, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, sembrava assolutamente convinto. Incaricato di complimentarsi con Mario Monti a Berlino, ha giudicato che è “il leader giusto al posto giusto, al momento giusto”. Wolfgang Schäuble ha inoltre assicurato che l’Italia vedrà una ripresa economica il prossimo anno, a condizione che non si discosti dalla sua politica di riforme e di rigore.
Un altro aspetto rassicurante per Roma: le banche italiane non sono aggravate da una bolla immobiliare, a differenza della Spagna. Ma La Tribune ha scritto che le “condizioni sembrano mature  perché prima o poi scoppi l’incendio” in Italia. Dal 2010, i mercati stanno testando gli Stati della zona euro uno a uno, l’infezione non è quindi da escludere.

Aiuto, torna Berlusconi!



Il cavaliere decaduto avrebbe trovato spunto dal populista Beppe Grillo per immaginare il ritorno nell’arena politica, con grande disappunto dei suoi ex alleati.



Silvio Berlusconi era praticamente scomparso dai radar della politica italiana da quella famosa notte del 12 novembre, quando era stato costretto a rassegnare le dimissioni dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Aveva poi dato molto malvolentieri il suo appoggio al governo Monti, senza risparmiare trappole insidiose​​, non appena si parlasse di riforma della giustizia o dell’assegnazione delle frequenze televisive in Italia. Ma ogni volta che è stata posta la questione di fiducia, il suo gruppo parlamentare non ha mai fatto mancare i propri voti.
Adesso sta cambiando il vento: l’opinione pubblica, che aveva accolto con ampio favore l’esperienza del governo tecnico, comincia a considerare troppo rigido il rigore di Monti [“montiano” nell’articolo, N.d.T.], i controlli sull’IVA, i blitz della Guardia di Finanza nelle località turistiche alla moda, lo strangolamento del credito che soffoca letteralmente le piccole e medie imprese. Gli italiani iniziano a digrignare  i denti. A livello internazionale, inoltre, né il governo Monti, né gli altri governi europei riescono a convincere la cancelliera tedesca a fare concessioni sul rigore e mettere da parte l’integrazione europea.
E i sondaggi ne risentono: “Super Mario”, che fino a due mesi fa poteva ancora vantare un bel 60% di popolarità, è sceso al 40-45%. Il suo governo sembra più che mai alla mercé di una tempesta parlamentare. E intanto, i fanatici dell’anti-politica si scatenano, come il populista Beppe Grillo, la cui popolarità è attualmente intorno al 20%, che ha sedotto… Berlusconi per la sua capacità di “parlare chiaro” .



Uscire dall’euro, l’ultima “tentazione”
Sembra che Berlusconi stia seguendo attentamente il blog-quotidiano di Grillo, spingendo persino i suoi specialisti a studiare il nuovo fenomeno politico. “Beppe Grillo gli ricorda i suoi inizi nel 1994″ dice un amico di Berlusconi. Al punto che Grillo potrebbe ispirare la prossima campagna elettorale della destra: un rifiuto più netto nei confronti della “casta” al potere con i suoi privilegi, oltre ad un invito a rinnovare i vertici partendo dal basso; un estrema diffidenza nei confronti dell’Europa e la difesa di una possibile uscita dell’Italia dall’euro.
È questa l’ultima “tentazione” che Berlusconi sta sviluppando in maniera insidiosa, senza mai ricordare a chi lo ascolta che un ritorno alla lira farebbe automaticamente perdere alla vecchia valuta italiana dal 40 al 50% del suo valore.
Se un giorno dovesse fondare un nuovo partito, Berlusconi immagina dei movimenti [divisi] per categoria: i giovani, i dipendenti, i precari, ecc. scegliendo di spezzare il suo elettorato potenziale.
Ma nelle stesse fila della destra, il ritorno del Cavaliere non suscita sempre entusiasmo.
Né quello del suo successore ufficiale alla guida del PdL, Angelino Alfano, né quello degli ex luogotenenti, un tempo berlusconiani di ferro, e che oggi gli consigliano apertamente di agire da kingmaker, da “padre nobile”, piuttosto che rituffarsi nella mischia.
Una cifra in ogni caso dovrebbe far riflettere Berlusconi: il suo partito, che ai tempi del suo massimo splendore sfiorava il 35% dei consensi, oggi è precipitato miseramente nei sondaggi ad appena il 15-18%.