Le faux égoïsme des Européens
di Arnaud Leparmentier
Pubblicato in Francia il 21 Novembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli
Questa è la settimana delle repliche: il palinsesto europeo ci riserva due brutti sceneggiati, la questione sul bilancio dell'UE e lo psicodramma della tripla A.
In un incontro a Bruxelles, i capi di Stato e di governo si sbraneranno per almeno due giorni sul magrissimo bilancio dell'Europa dei 27. Si tratterà su tutto: i contributi agricoli, gli aiuti regionali e in particolare il famoso sconto britannico. La "prima" risale al 1984. L'Europa era bloccata dall’Inghilterra di Margaret Thatcher: sull’orlo della bancarotta, non voleva versare la propria quota per i fondi a favore dell'agricoltura continentale e si lamentava di ricevere in cambio ben poco. "Ridatemi i miei soldi", ripeteva in continuazione il primo ministro britannico, giocando al rialzo. Esasperati, Helmut Kohl e François Mitterrand le fecero un’ultima proposta.
TRIONFO DELLA LADY DI FERROIron Lady aprì la borsetta, si diede un tocco di cipria, bevve un bicchiere di scotch e acconsentì: "Accetto". Superba regia, trionfo della Lady di Ferro, che ottenne meritatamente il successo, ossia uno sconto di due terzi sul suo contributo netto al bilancio dell'Unione europea. Era il vertice di Fontainebleau, che poi permise la ripresa dell’Europa. In seguito i continentali impararono l'inglese e si susseguirono remake di cattiva qualità. Tutti chiedevano uno sconto per se, in caso contrario si rifiutavano di compensare il deficit causato dallo sconto britannico. Invocando la costosa riunificazione tedesca nel 1999, Gerhard Schröder ottenne uno "sconto sullo sconto", cioè il diritto di pagare solo un quarto del suo contributo per l’ammanco britannico, così come gli olandesi, svedesi e austriaci. Oggi, i danesi presentano la stessa richiesta, e i francesi, che a lungo hanno difeso la politica agricola comune, si accorgono di essere diventati assieme agli italiani “il tacchino del ringraziamento”: sono invitati a compensare questi sconti ripetuti. "Voglio indietro i miei soldi!": Questo è il credo che divide gli europei. Uno strano credo, proclamato a gran voce ma smentito dalla realtà. Quella di un’Europa allargata, prima di tutto. La solidarietà è forte, nonostante le grida di sdegno per i presunti egoismi nazionali: i paesi più poveri continuano a ricevere più aiuti di quelli che possono consumare, senza finire nel caos.
Parigi ha perso la tripla AQuesto credo egoista non corrisponde neanche alla realtà dell'euro, ed è ciò che ci insegna il secondo sceneggiato, ossia quello del downgrade della Francia da parte di Moody’s. Dopo il verdetto di Standard & Poors nel mese di gennaio, Parigi ha perso la sua tripla A. Non ci perderemo nei dettagli dei motivi classici invocati dall’agenzia, la lenta perdita di competitività di un paese che rifiuta di fare le riforme, ma poniamo l’accento sugli handicap europei. La Francia, prigioniera dell'euro non può svalutarsi, ma è particolarmente vulnerabile agli alti e bassi del sud Europa: "L'esposizione della Francia all’Europa periferica attraverso i suoi legami commerciali e bancari, ha un'importanza sproporzionata, e i suoi obblighi per sostenere altri paesi della zona euro sono aumentati ", ha scritto Moody’s. Tradotto nel linguaggio di tutti i giorni: la Francia è stata anche degradata a causa della sua solidarietà con i suoi vicini meridionali, in proporzione equivalente a quella della Germania.
Salvare l’euroI francesi, che credono che i soldi del governo non sono di loro proprietà, non se ne sono ancora accorti. Le persone che stanno a guardare anche il centesimo come i tedeschi, lo hanno già capito e hanno cercato di opporsi a questi anni di solidarietà. Prima di dover cedere, per salvare l'euro. Così, gli europei non vogliono essere solidali, ma di fatto lo sono. Sono come una coppia di coniugi anziani, che non possono divorziare, ma sono costretti a condividere la stessa casa, dove ognuno si fa i propri conti in tasca per manifestare la propria sfiducia verso l’altro. La correttezza politica del momento consiste nello spiegare questa diffidenza verso la mancanza di democrazia in Europa. In realtà, l'Europa è costruita secondo i canoni di Montesquieu, ma è anche un fantasma. I cittadini non s’identificano con i propri deputati al Parlamento europeo, anche se eletti a suffragio universale, né con quelli della Commissione, comunque organo dal Parlamento. La casa comune è vuota, disabitata dai cittadini. "Creare le istituzioni, non vuol dire creare una democrazia", ammette il federalista Pascal Lamy. Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio riprende a suo vantaggio l'idea sviluppata dallo storico ed ex ambasciatore israeliano in Francia Elie Barnavi di "un’Europa frigida".
Lago IndifferenzaCon un pizzico di pudore, noi preferiamo l'espressione di François Hollande: la più grave minaccia che pesa sull'Europa, è "di non essere più amata." Se osserviamo la Mappa del Cuore, ipotizzata ironicamente da Molière, che descrive le pene dell'amore: l'Europa si è persa nel Lago Indifferenza. Il motivo? L'Europa fa ancora parte dell'economia. Jacques Delors ripeteva continuamente: non ci s’innamora di un grande mercato. "Ma noi, non chiediamo d’innamorarci del mercato unico! Sarebbe terribile!", ha assicurato a metà novembre, il primo ministro italiano Mario Monti. Peggio ancora, con la crisi, l'economia è caduta nel disincanto amoroso. "Con la crisi, detestiamo il mercato unico, perché lo vediamo come uno strumento per distribuire malefici sull’Europa", si è lamentato l'ex commissario europeo. Europa non è più sinonimo di prosperità economica. Rimane quindi l’Europa politica per attrarre i cittadini. Ma questa accumula fallimenti. Il primo tentativo, quello di difesa della Comunità europea, è fallito con il rifiuto del Parlamento francese nel 1954, al tempo del governo Pierre Mendès France.
"Sogni e incubi"Maastricht non ha consentito lo sviluppo di una politica estera europea. Colpa del popolo europeo. "Le identità nazionali si sono forgiate basandosi su miti guerrieri. Il mito della patria, è una nazione in pericolo. Il problema dell’Europa, è che è nata su un contro-mito, la pace", secondo l’analisi di Pascal Lamy. I sogghigni che hanno accompagnato l'assegnazione del Nobel per la pace all'Unione Europea dimostrano questa distanza. "Per avere una politica estera comune, occorre avere gli stessi sogni e gli stessi incubi. Eppure gli europei non hanno gli stessi sogni e incubi", prosegue Lamy. Davvero? Per fortuna, abbiamo l'euro dei nostri sogni.
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