La mafia fait son beurre avec l'or des Italiens
Pubblicato in Francia il 5 agosto
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia dall'Estero
Pubblicata su Liberi Vicentini
Gli orafi italiani insorgono contro il recente proliferare di negozi che offrono agli italiani colpiti dalla crisi la possibilità di scambiare il proprio oro per denaro sonante, un commercio in piena espansione ma con poche regole e in cui la mafia maneggia miliardi.
Questi negozietti sono spuntati come funghi nelle strade italiane in questi ultimi mesi. I giornali sono strapieni di pubblicità per “compro oro” [in italiano nel testo NdT] e le emittenti televisive sono invase da spot pubblicitari che esortano gli italiani a corto di liquidità a vendere i gioielli di famiglia. Gran parte di quest’oro poi viene fatto passare al di là delle Alpi - legalmente o illegalmente - per arrivare in Svizzera, cosa che ha contribuito a far diventare l’oro il prodotto d’esportazione italiana più diffuso.
Secondo i dati ufficiali i sequestri di oro da parte della dogana sono balzati al 50%. Un recente esempio in cifre: un uomo e sua figlia arrestati mentre tentavano di contrabbandare 50 chili di lingotti senza punzoni per un valore totale di oltre due milioni di euro.
“Questo è un settore in crescita per le organizzazioni criminali. L’oro di contrabbando invade tutto il mondo, in particolare paesi dove viene scambiato con armi e droga”, spiega Ranieri Razzante, capo dell’AIRA, un’associazione italiana antiriciclaggio.
Le vendite legali di oro italiano in Svizzera hanno raggiunto le 20 tonnellate l’anno scorso, contro le 73 tonnellate nel 2012 e le 64 tonnellate nel 2009, senza contare il contrabbando. Secondo l’associazione italiana degli orafi (ANOPO) “quasi tutto l’oro esportato proviene da negozi che acquistano oro usato in cambio di contanti”.
“Miniera d’oro”
“‘Italia è diventata una vera miniera d’oro” ammette Ivana Ciabatti, responsabile del settore orafo all’interno della Confindustria. “E’ fondamentale combattere contro gli elementi criminali in questo settore”, afferma.
Il fatturato generato da questa miriade di negozietti arriva per lo meno a 14 miliardi di euro secondo l’ANOPO, che si sta impegnando in una campagna in favore di una legislazione che impedisca l’infiltrazione della mafia in questo settore.
Grazie ad una lacuna giuridica, questi istituti possono ancora sfuggire all’IVA. Inoltre, su 28.000 negozi presenti nel paese, solo poche centinaia sono regolarmente iscritti alla Banca d’Italia.
Tra i più grandi possessori di oro figurano tradizionalmente i privati. “Le famiglie a corto di liquidità ora possono vendere facilmente i loro vecchi gioielli, il punto di svolta è stato l’anno scorso con il peggioramento della crisi economica”, osserva Alessandra Pilloni, analista di Buillon Vault, broker specializzato nella vendita di oro su Internet con sede a Londra.
Un sistema molto attraente tanto che il prezzo del metallo giallo è salito improvvisamente: da 244 euro l’oncia nel 2002 a 1300 euro a tutt’oggi.
Il gruzzolo ha suscitato la cupidigia delle organizzazioni criminali, che “controllano almeno il 50% dei negozi che acquistano oro usato”, denuncia Ranieri Razzante.
“Usano prestanome per non lasciare tracce e dispongono di fonderie illegali nei cortili di città come Napoli” spiega.
Nel mese di marzo, il ministro degli interni Anna Maria Cancellieri ha sottolineato che questo settore ha generato “un mercato nero che richiede un monitoraggio costante degli ambienti criminali in cui viene praticata l’usura, la ricettazione e il riciclaggio di denaro sporco”.
Di fronte a questo fenomeno, una deputata del Partito Democratico, Donella Mattesini ha presentato il mese scorso un disegno di legge per intensificare i controlli su questi esercizi. “Abbiamo un urgente bisogno di regolamentare questo settore. Dobbiamo controllare le fonderie e i negozi. E’ ora di fare pulizia in tutto il settore commerciale dell’oro in Italia” dice.
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